Ho
appena terminato la lettura di una lettera del Cavalier Giulio di San
Quintino, relativamente all'uso degli scarabei e, non avendo mai sentito
parlare di questo argomento, ho pensato potesse essere di interesse
anche per altri e così ho scritto questo piccolo articolo che spero non
troverete noioso.
Il
Cavaliere sta rispondendo ad una lettera di G.B. Vermiglioli in cui si
parlava di una moneta unciale attribuita al conio di Heretum dei Sabini.
Nella sua risposta i lCavaliere parla a sua volta di un argomento di interesse: gli scarabei egiziani.
Questi
oggetti, custoditi presso il museo di Torino sono stati oggetto dei
suoi studi approfonditi, possibili anche grazie al gran numero di
scarabei presenti nella collezione Reale.
Il
Cavaliere, in primo luogo chiarisce l'argomento che tratterà: "sotto
nome di scarabei intendo parlare di quei piccoli monumenti dello antico
Egitto, figurati o scritti nella loro parte liscia, fatti di terra cotta
ovvero di pietra, ed aventi, per lo più, la forma di quello Scarofaggio
che si vede tutto dì fare per terra la pallotta, o d'altro animale, o
cosa non molto diversa dalla figura ovale e tondeggiante di
quell'insetto".
Secondo
il Cavaliere, gli scarabei sono la parte più numerosa delle collezioni
egizie e vanno divisi in due categorie principali:
- gli scarabei sepolcrali;
- gli scarabei destinati per gli usi civili della società;
Secondo
l'autore (e chi può avere a portata di mano tali oggetti potrà
verificare) gli scarabei sepolcrali sono una minima parte del totale,
sono di dimensioni maggiori e solitamente sono privi di iscrizioni e
figure, e quando invece hanno delle scritte queste si riferiscono ai
defunti. L'autore della lettera ci dice che nella collezione reale vi
erano poco più di ottanta scarabei sepolcrali. La dimensione varia dai 3
ai 7 centimetri e sono realizzati in pietre dure di vario tipo.
Il
secondo tipo di scarabei invece è differente. Intanto la forma è solo
abbozzata e sono traforati nel senso della lunghezza (mentre quelli
sepolcrali non hanno foro!). Di questo tipo vi erano circa 1700 pezzi.
La dimensione va dai 7 millimetri ai 4 centimetri, sono realizzati in
terra cotta smaltata e sono molto leggeri.
Il cavaliere a questo punto pone una domanda: "Ma a che cosa dunque servivano in Egitto questi curiosi, numerosissimi lavori?
Occorre
distinguere, come sopra, tra i due tipi: "gli scarabei sepolcrali
accompagnano i defunti nella tomba come simboli, probabilmente,
dell'Universo, e del suo facitore. Ma, intorno agli altri, vario tuttora
ed incerto è il parere degli eruditi".
A
questo punto nella lettera segue una breve analisi di alcune ipotesi e
del perchè lui non sia d'accordo su di esse, quindi passa ad esporre una
sua ipotesi e a giustificarla, ma prima osserva che: "Fa veramente
meraviglia come fra l'infinito numero delle cose antiche d'ogni forma e
sostanza che, già da più secoli si vanno scavando nella valle del Nilo,
non siasi scoperta mai, una sola moneta di vero conio egiziano; quando,
all'incontro, se ne trovano ogni giorno in gran copia di quelle battute
colà, non solo dai Romani, e dai Greci, ma talvolta ancora dagli stessi
Monarchi Persiani, che furono a contatto cogli ultimi Faraoni", e poco oltrea ggiunge: "E'
per altro impossibile che un popolo ricco, ingegnoso e potente [..]
abbia potuto rimaner si gran tempo privo di uno dei cardini della
società, voglio dire della moneta, o di altra cosa che la
rappresentasse".
Ecco, infine, svelato l'argomento della lettera: la moneta egiziana.
Il
Cavaliere prosegue nello spiegare i vantaggi della moneta (o suo
sostituto) e di come i piccoli scarabei possano in tutto supplire la
monetazione metallica.
"Quel
succedaneo della moneta in Egitto dovea avere in se tutte , od in parte
almeno, le proprietà de' metalli men rari; dovea essere di una materia
dura, poco voluminosa, non greve, capace di lunga durata, ed atta a
ricevere, e conservare gl'impronti; di una figura sempre uniforme, di
una forma tondeggiante anzi che angolosa, affinchè per continuo attrito
non venisse troppo presto a logorarsi. Doveva essere inoltre di una
sostanza triviale, e di facile lavoro, acciocchè il prezzo della
materia, e dell'opera, non superasse il valore delle cose più dozzinali
per le quali si dava. Dovea essere, per ultimo, infinitamente
moltiplicata, affinchè potesse bastare ad una nazione ricca e
numerosissima."
Ebbene,
non si può certo dire che gli scarabei non siano più che adatti a
svolgere la funzione di monete accorpando in se tutte le caratteristiche
indicate.
Il
Cavaliere prosegue la sua spiegazione dilungandosi sulla storia antica
per poi tornare pragmaticamente ad osservare: "gioverà ancora por mente
alle seguenti osservazioni che mi vennero fatte esaminando la collezione
degli scarabei in questo Regio gabinetto.
"1°
Nella serie di questi scarabei, che è poco minore di mille settecento,
come si è già detto, io ne ho contato un centinaio circa, i quali in
vece di essere segnati colle solite note geroglifiche, ovvero con
figure, presentano dei punti fatti a modo di piccoli cerchietti,
regolarmente disposti, e di vario numero dall'unità fino al venti. Non è
cosa improbabile che in tal guisa, come appunto sulle frazioni
dell'Asse Romano, venisse indicato il maggiore o minor valsente nominale
di ciascuno scarabeo.
2°
Nella maggior parte degli scarabei fatti di porcellana, i quali come ho
già notato, sono di tutti, i più numerosi, i loro smalti durissimi
veggonsi quasi intieramente consumati nelle parti prominenti [..] la
qual cosa, come ognun vede, non può essere che l'effetto di un lungo
sfregamento prodotto dall'uso quotidiano di quelle porcellane, non
diversamente da ciò che noi vediamo accadere alle monete correnti nel
giro di pochi anni.
3° Si può notare che il foro è spesso allargato, da cui si evince che venivano infilzati e così trasportati.
4° Anche gli scarabei in pietra dura riportano gli stessi segni di sfregamento dei più semplici scarabei di terra cotta.

6° Spesso negli scarabei vi sono rappresentati anche gli Dei".
Il
Cavaliere termina il suo scritto con una osservazione sulla parsimonia
degli Egiziani che usando gli scarabei come moneta non mandavano in
polvere patrimoni, come invece accade nei popoli che usano i metalli, a
causa del continuo sfregamento.
Devo
dire che le osservazioni del Cavaliere Giulio di San Quintino mi hanno
colpito e affascinato per la loro profondità e mi stupisce di non aver
mai letto niente in proposito, come se queste osservazioni fossero
andate perdute. Se così è stato, spero con queste poche righe, di
rendergli anche se in ritardo il giusto merito.
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