lunedì 31 dicembre 2007

Esiodo (VIII secolo a.C.) e le cinque età del mondo

Esiodo fu un poeta greco, probabilmente contemporaneo di Omero. Forse nato in Beozia, conosciuto principalmente per "Le opere e i Giorni" e per la sua "Teogonia", scrisse anche altre opere considerate minori e di incerta attribuzione. Interessante vedere che in "Le opere e i Giorni" ci parla delle cinque età del mondo:
- età dell' Oro: gli uomini vivevano "sempre giovani" e non avevano preoccupazioni di alcun tipo. Siamo ai tempi di Crono;
- età dell'Argento: gli uomini sono governati da Zeus. Per il loro comportamento si estinsero;
- età del Bronzo: é il mondo di uomini violenti che si dedicavano solo alla guerra e si estinsero per la loro stessa stupidità;
- età degli Eroi: é l'età in cui gli Eroi combatterono a Troia e a Tebe;
- età del Ferro: è l'età del mondo di Esiodo ed anche la nostra, e finirà anch'essa, come le precedenti.
Ancora una volta un "antico" ci parla di età del mondo e di come queste si sono susseguite nel tempo... ci parla di guerre e di estinzioni di massa...
Ci parla di un passato remoto e ancora per la gran parte sconosciuto...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 21 dicembre 2007

Gilgamesh e i Maya, un viaggio attraverso l'Oceano?

Quante cosa sono ancora nascoste tra le pagine di libri scritti e mai letti?
Quante cose devono ancora esser tradotte da lingue salvate per caso dalla morte?

Questa è una storia un po strana, che inizia ad Uruk, antichissima città del sud della Mesopotamia e, attraverso l'Oceano, termina in America, nella terra dei Quiché.

Leggendo leggendo, mi scontro con fatti strani e affascinanti e non posso fare a meno di trovare delle somiglianze... di intravvedere un filo trasparente come seta attraversare il mondo e la storia e i secoli e i millenni, solo per me, forse!
Ho già scritto di Gilgamesh come dei Quiché, ora per gioco ma non troppo voglio mettere assieme questi popoli e vediamo che cosa accade.
L'epopea di Gilgamesh racconta del suo viaggio alla ricerca dell'unico uomo che abbia avuto il dono dell'Immortalità, Utnapistim, sopravvissuto al Diluvio. Gilgamesh va dunque alla sua ricerca e dopo varie peripezie giunge dal barcaiolo di Utnapistim, Ursanabi. Qui accade qualcosa di poco chiaro e così Gilgamesh distrugge delle "Cose di Pietra"... Gilgamesh chiede ad Ursanabi di essere condotto con lui al cospetto di Utnapistim ma Ursanabi, arrabbiato risponde:
"Gilgamesh, quelle cose che hai distrutto hanno la facoltà di trasportarmi sull'acqua, di impedire alle acque della morte di toccarmi. Per questo le conservavo; ma ora tu le hai distrutte e con esse i serpenti urnu..."

Cosa distrusse Gilgamesh?
Cosa sono le Cose di Pietra?
Cosa sono i serpenti urnu?

Comunque il viaggio prosegue, Gilgamesh viene condotto da Utnapistim il Lontano, che vive a Dilmun, nel luogo del transito del Sole, ad Est della montagna...

"Ora Utnapistim, da dove giaceva a suo agio, guardò lontano e disse in cuor suo, riflettendo tra sé: 'Perché mai il battello naviga fin qui senza sartiame o albero? Perché sono distrutte le sacre pietre, e perché non è il nocchiero a governare il battello?

Così pare che Utnapistim potesse vedere molto lontano... chissà...

Utnapistim aveva già compiuto in precedenza opere meritevoli di riguardo, infatti aveva costruito una grande nave e aveva salvato la stirpe degli esseri viventi sulla Terra dal Diluvio...
ora, riceve Gilgamesh e gli racconta i suoi segreti...

Ma adesso é ora di passare su un altro continente, alla ricerca delle tracce di viaggiatori del passato. Siamo ora nella terra dei Quichè... e si parla dei popoli che vennero dopo la creazione, di popoli che: "Riuscirono a conoscere tutto ed esaminarono i quattro angoli ed i quattro punti della volta del cielo e della faccia della Terra".
Poi accadde qualcosa e "il Cuore del Cielo gettò una nebbia sui loro occhi, i quali si appannarono come quando si soffia sulla lastra di uno specchio. I loro occhi si velarono e poterono vedere soltanto ciò che era vicino... Così vennero distrutte la loro sapienza e tutte le conoscenze dei quattro uomini, origine e principio della razza quiché."

Questo popolo perse le conoscenze che aveva acquisito...
Quale fu la causa?

Dal popolo che perse le conoscenze deriva un nuovo popolo... un popolo particolare... che viene dall'Oriente...

"Erano diversi i nomi di ciascuno quando essi si moltiplicarono là nell'Oriente, e molti erano i nomi della gente: Tepeu, Olomàn, Cohah, Quenech, Ahau, ché così si chiamavano questi uomini là nell'Oriente, dove si moltiplicarono. Si conosce anche l'origine di quelli di Tamub e di quelli di Ilocab, che vennero insieme di là, dall'Oriente... Là stettero allora in gran numero gli uomini neri e gli uomini bianchi, uomini di molte specie, uomini di molte lingue, che era portentoso udire."

Più tardi i quichè intrapresero un viaggio, forse alla ricerca di qualcosa che li aiutasse a far tornare la luce del sole, giungono in una località chiamata Tulàn e li gli apparvero i loro dei... Tohil, Avilix e Hacavitz... e fu allora che le lingue di tutti i popoli divennero diverse e non si capivano più... (come nel racconto di Babilonia e la torre di Babele, Babel voleva dire Caos..) ed i loro indumenti erano solo pelli di animali ma erano uomini prodigiosi... anche Gilgamesh vestiva solo pelli di animali... quando arrivò da Utnapistim!

Veramente il racconto è molto confuso, per cui a volte si parla di dei, altre volte con gli stessi nomi ci si riferisce a monti...
Ma da dove giunsero questi dei o uomini prodigiosi?

Dal mare ma... "Non é ben chiaro, tuttavia, come avvenne il loro passaggio sul mare; come se non esistesse il mare, passarono su pietre, su pietre messe in fila sull'arena. Per questo motivo vennero chiamate Pietre in fila, Arene divelte, nomi che essi diedero loro quando attraversarono il mare, essendosi divise le acque quando essi passarono."

Quante strane coincidenze... uomini che vengono dall'Oriente, Diluvio, lingue che si mischiano e popoli bianchi e neri... mare che si apre, pietre in fila...
e se leggiamo ancora Gilgamesh, vi sembrerà sempre più possibile che lui abbia raggiunto quelle terre... e sia poi andato via...
E chissà che il Re Gucumatz (il re che diede inizio all'espansione del degno dei quichè) non sia altri che lo stesso Gilgamesh...

Forse, dopo queste righe, direte...
Tutte fantasie...
Eppure la storia... quella ufficiale, ci parla di un dio o di un uomo, Quetzalcoatl, dio degli aztechi, il cui nome significa serpente piumato...
Dio o uomo giunto dal mare e che andò via perché fu scacciato ma un giorno sarebbe tornato dal mare, a bordo di navi...

Ha, a proposito, non è che i serpenti urnu di Gilgamesh sono i serpenti piumati?


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 16 dicembre 2007

I popoli del mare... il paese del Mare e... Atlantide

Con il termine "i popoli del mare" ci si riferisce ad alcune popolazioni di cui si sa ben poco, citate dagli egizi nelle fonti del faraone Ramesse III (ufficialmente 1198-1166 a.C.).
Queste popolazioni probabilmente arrivarono via mare e invasero la Siria travolgendo Ugarit, Biblo, Tiro e Sidone. Pare che i Filistei fossero parte di un contingente dei popoli del mare, lasciati lungo la costa a controllare i territori conquistati.
Non si sa bene chi fossero ne da dove venissero ma dovevano essere molto bellicosi.
C'è da dire anche che la parte sud della Babilonia a partire dalla città di Nippur fino al golfo persico era conosciuta con il nome di Paese del Mare.
Non so se vi siano dei collegamenti tra popoli del mare e paese del mare.
In ogni caso l'ultimo re del paese del mare pare sia stato Eagamil, sconfitto dal cassita Ulamburiash intorno al 1.500 a.C..
Nei testi antichi vi sarebbero anche altri riferimenti a fantastici invasori del mare, sono i greci a parlarcene. Pare infatti che una popolazione arrivò dal mare e invase il mondo allora conosciuto, Egitto compreso. Furono i greci a salvare il Mediterraneo se diamo retta a questa storia.
Questa storia, raccontata nel Timeo da Platone nel capitolo III, a mio parere potrebbe essere ricollegata a quella dei popoli del mare.
Si tratta della storia di Atlantide. Non vi sto a raccontare tutto ma, in definitiva, così parlò un sacerdote Egizio a Solone: "Molte grandi opere pertanto della città vostra qui trascritte si ammirano, ma a tutte una va di sopra e per grandezza e per valore; perocchè dice lo scritto di una immensa potenza cui la vostra città pose termine, la quale violentemente avea invaso insieme l'Europa tutta e l'Asia, venendo di fuori dal mare Atlantico. Infatti allora [..] in questa isola Atlantide era sorto un grande e mirabile impero, il quale la dominava tutta quanta con molte altre isole e alcune parti pure del continente. Ed oltre di ciò anche delle regioni da questa parte nel mare interno signoreggiavano sulla Libia (Africa) fin verso l'Egitto e sull'Europa fino all'Etruria. Or tutta questa forza raccolta in uno tentò una volta con un impeto solo di soggiogare e i luoghi vostri ed i nostri e quanti altri sono di qua dello stretto. E fu allora, o Solone, che la potenza della città vostra diventò illustre presso tutti gli uomini e per valore e per vigoria..."
Dunque, i greci avrebbero salvato il mediterraneo da questa poderosa invasione.
Ma questa storia, se veramente accaduta, risale a prima del Diluvio, o almeno così ci dice sempre Platone per voce dello stesso sacerdote in un altro passo del Timeo:
"Perocchè fu una volta, o Solone, prima della grande distruzione per mezzo delle acque, quella che ora é la città degli ateniesi una città prestantissima, e per la guerra e per tutte le atre cose ben ordinata più che alcun'altra..."
Chiaramente gli storici non attribuiscono alcun valore a quanto raccontato da Platone, come non conta niente ciò che ha raccontato Erodoto oppure ciò che sta scritto nei testi religiosi...
Il Diluvio, nonostante sia presente in tantissimi testi antichi di popolazioni di tutto il mondo, non c'è mai stato...
Eppure, vien da riflettere...
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 15 dicembre 2007

Gilgamesh e la lunga vita

Ancora una volta, rileggere fa bene, permette di capire meglio e di più...
Dopo aver letto d'un fiato l'epopea di Gilgamesh, ora sto dedicando un po di tempo ad approfondire... e così comincio a vedere somiglianze che prima non avevo notato con altri testi antichi... parallelismi o stranezze comuni.
E' il caso della Bibbia, chi di voi non ricorda quei passi della Genesi in cui si parla della durata della vita dei patriarchi? Adamo, per esempio visse per novecento trenta anni, Set visse invece per novecento sette anni prima di morire.
E così le generazioni si susseguono fino ad arrivare a Noè.
Noè e forse, dopo Adamo, il più conosciuto dei patriarchi, per via del Diluvio cosiddetto Universale... Allora Noè aveva seicento anni e di li a poco sarebbe piovuto per quaranta giorni e quaranta notti di seguito! Il tempo passava e Noè visse in tutto novecento cinquanta anni!
Ma poi accade qualcosa... Sem, figlio di Noè visse "solo" seicento anni o giù di lì. Suo figlio Arpacsad 438 anni. E' poi la volta di Selach che visse 433 anni, poi Eber visse per 464 anni, Peleg, figlio di Eber, visse 239 anni, come suo figlio Reu. Serug visse 230 anni, suo figlio Nacor visse solo 148 anni e suo figlio Terach visse 205 anni e vide morire uno dei figli, Aran nella città di Ur...
la cosa interessante, oltre alla lunghezza della vita dei patriarchi è come essi, fino a Noè vissero tutti tra i settecento e i mille anni circa ed ebbero il primo figlio intorno ai cento anni o più...
Ma dopo il Diluvio non è più così, la lunghezza della vita si accorcia sempre più e si comincia ad avere figli sempre prima, fino a che la vita si accorcia e diventa più umana...

Ma perché, vi chiederete, vi sono somiglianze con Gilgamesh, Re di Uruk città sul fiume Eufrate, sopravvissuta al Diluvio?
Ebbene, Gilgamesh era il quinto re della città del tempo postdiluviano... e regnò per 126 anni! Non ho notizie di quanti anni in tutto visse, fatto sta che dopo di lui la vita e i regni ebbero durata umana... così si racconta!
Uno dei suoi predecessori, Lugalbanda il terzo re di Uruk dopo il Diluvio, regnò per 1.200 anni!
Si stima che Gilgamesh probabilmente visse intorno al 2.700 a.C., dunque il Diluvio, se si tratta dello stesso di cui ci parla la Bibbia, avvenne quanto meno 4.000 anni prima di Cristo!
La considerazione che posso fare e che, se ciò che leggiamo fosse vero, prima del Diluvio o per lo meno a cavallo del Diluvio, la vita dell'Uomo era più lunga di quanto non è oggigiorno, poi qualcosa ha fatto si che la vita si accorciasse fino ai livelli attuali.
Erodoto ci parla di popolazioni dell'Africa (che lui chiama Libia) che vivevano fino a 120 anni... ma già ai suoi tempi la vita media era molto più corta.
Ma vediamo di fare un passo avanti e a tal fine poniamoci delle domande:
Cosa potrebbe essere accaduto?
Esistono fenomeni fisici o chimico-fisici che possono allungare la vita?
Potrebbe essere il Diluvio, o le sue cause, ad aver provocato dei cambiamenti nella lunghezza della vita Umana?
Se invece dovessimo considerare che le genealogie tramandateci fossero semplici fantasie, allora potremo evitare di farci domande, ma io preferisco pensare che non ci sarebbe stato alcun motivo per inventare vite di centinaia di anni, allora, quale altra spiegazione potrebbe esserci?
Una spiegazione potrebbe essere che a cavallo del diluvio (o poco dopo) vi fu un cambiamento nel modo di calcolare gli anni... ma anche ciò è molto strano. Chi ci tramandò questi nomi sapeva di avere una grande responsabilità sulle spalle, perché non avrebbe dato indicazioni del cambio di calendario?
Bene, io non so cosa sia potuto accadere ne quale sia la verità, ma credo che valga la pena cercare di rispondere alle domande che mi sono posto, scientificamente ma senza pregiudizi...
nella considerazione che dire "é impossibile" spesso è sbagliato e serve solo a nascondere la nostra ignoranza, la nostra mancanza di capacità di comprensione.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 8 dicembre 2007

Lucrezio e gli atomi

Tito Lucrezio Caro (98-54 a.C.) ci parla delle conoscenze di alcuni secoli prima, ci parla di tante cose e tra queste degli atomi... ma prima di tutto ci dice...

(Della Natura I, La materia, 149 e seg.)
"che nulla sorge dal nulla per dono divino mai [..] nulla può mai in alcun modo crearsi dal nulla [..] Natura inoltre dissolve di nuovo le cose nei propri elementi e non le disperde nel niente [..] ogni corpo è composto d'eterna materia, fin quando non giunga una forza a colpirlo da fuori, a romperlo, o penetri dentro pei vuoti e riesca a scomporlo [..] Il tempo infinito, trascorso finora, avrebbe consunto ogni cosa mortale; ché se invece per tutto quel tempo passato gli elementi di cui l'universo è composto han potuto durare, vuol dire che certo son fatti d'eterna materia [..] avvinte tra loro con nessi più stretti o più lenti.

In poche pagine Lucrezio ci parla della materia e del vuoto, del fatto che è composta da atomi che durano in eterno, delle forze di diversi tipi che tengono uniti i corpi... e del tempo eterno...

(Della Natura I, La materia, 417 e seg.)
Or dirò completando l'ordito iniziato che gli esseri tutti, esistenti per sé, risultan composti di queste due cose: di vuoto e materia; e accolta nel vuoto sta la materia e pe'l vuoto si muove volgendosi a luoghi diversi.

Dunque tutti gli esseri sono composti da materia e da vuoto. E' il vuoto ad accogliere la materia, che nel vuoto si muove...

(Della Natura I, La materia, 459 e seg.)
Il tempo per se non esiste, ma sono le cose stesse a far nascere il senso del tempo, il pensiero di ciò ch'é compiuto, trascorso da noi, e di ciò ch'é presente e infine di ciò che sarà.

E' interessante questa riflessione sul tempo che non esiste in assenza di cose, di materia...

(Della Natura I, La materia, 482 e seg.)
I corpi del mondo parte son atomi, parte aggregati di atomi; ma questi, eterni primordi dell'essere, forza non c'è che li possa distruggere [..] Non sembra che esistano quindi cose compatte. Eppure, se dentro guardiamo all'essenza del mondo, vedremo che esistono solidi corpi d'eterna sostanza: e tali ora mostro che i semi son delle cose, gli atomi, di cui l'universo risulta formato.

Quindi tutti corpi presenti nell'universo sono composti da atomi e da loro aggregati...

Bene, abbiamo avuto una bella lezione di fisica... da allora sono passati poco più di duemila anni se pensiamo a Lucrezio, circa 2.300 anni se pensiamo a Epicuro, da cui Lucrezio ha ripreso i concetti, circa 2.500 anni se pensiamo invece a Democrito e all'atomismo... cui epicuro attinse... ma siamo sicuri che ci si debba fermare quì?
Non possiamo andare più indietro nel tempo e trovare ancora conoscenze così avanzate?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 5 dicembre 2007

Aristotele e le cause prime

Le cause prime sono quattro e analisi delle dottrine dei predecessori a prova della tesi... questo recita il titolo del paragrafo in cui si analizzano le dottrine degli antichi...
Durante la sua analisi delle antiche dottrine, Aristotele ci fa sapere che...

Metafisica (Libro A, 3)
"La maggior parte di coloro che primi filosofarono pensarono che principi di tutte le cose fossero solo quelli materiali. Infatti essi affermano che ciò di cui tutti gli esseri sono costituiti e ciò da cui derivano originariamente e in cui si risolvono da ultimo, è elemento ed è principio degli esseri, in quanto è una realtà che permane identica pur nel trasmutarsi delle sue affezioni. E per questa ragione, essi credono che nulla si generi e che nulla si distrugga, dal momento che una tale realtà si conserva sempre."

Dunque, gli antichi filosofi, non Aristotele sia chiaro, parlano di sostanza alla base degli esseri, sostanza che rimane identica pur cambiando apparentemente...
Dunque gli antichi filosofi credevano che nulla venisse generato e nulla si distruggesse... ricordiamoci sempre che non è Aristotele che crede queste cose ma gli antichi...
ma chi sono questi antichi filosofi?
Aristotele parte da Talete... e ci racconta di quale fosse per lui il principio, l'acqua!
Anassimene e Diogene consideravano l'aria quale elemento primo. Ipparco di Metaponto ed Eraclito di Efeso pensavano fosse il fuoco... Empedocle invece poneva tutti e quattro gli elementi alla base degli esseri...
Ma c'era qualcuno che la pensava diversamente...

Metafisica (Libro A, 3)
"Anassagora di Clazomene, che per età viene prima di Empedocle ma è posteriore per le opere, afferma che i principi sono infiniti: infatti egli dice che pressoché tutte le omeomerie si generano e si corrompono unicamente in quanto si riuniscono e si disgiungono così come avviene per l'acqua o per il fuoco, mentre in altro modo non si generano ne si corrompono, ma permangono eterne."

Per Anassagora di Clazomene (500-428 a.C.) dunque un secolo prima di Aristotele, gli elementi erano infiniti... e ci parla di omeomerie che vengono generate e poi si scompongono...
dunque le omeomerie non sono elementi come tanti sostengono...
potrebbero essere molecole, se a quei tempi avessero saputo di cosa parlo... o forse lo sapevano?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Aristotele (Stagira 384 a.C. - Calcide 322 a.C.)

Aristotele, uno dei più grandi filosifi della storia da noi conosciuta...
Ad Atene conobbe Platone, poi Teofrasto, quindi educatore di Alessandro il Macedone. Nel 335 a.C., tornato ad Atene, vi fonda una scuola chiamata il Liceo. Alla morte di Alessandro, nel 322 a.C. è costretto a scappare da Atene e muore pochi mesi dopo.
Tra le sue opere, una delle più importanti è "La metafisica", termine che Aristotele non conobbe in quanto pare sia stato inventato dai suoi discepoli...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

lunedì 3 dicembre 2007

Giamblico e la forza di gravità

Giamblico, nei "misteri dell'Egitto" ci parla della divinazione e nel discutere parla del volo degli uccelli...

"Quanto agli uccelli, essi si muovono per impulso della loro anima particolare, ma anche dal demone protettore degli esseri viventi, come pure dai moti dell'aria e dalla potenza che cala dal cielo nell'aria (medesima): tutto questo muove (gli uccelli ) conformemente alle intenzioni degli dei".

Ebbene, come è possibile spiegare "la potenza che cala dal cielo nell'aria"?
Credo sia chiaro che si parla della forza di gravità... ma come è possibile?
Giamblico visse infatti in Siria nel III secolo dopo Cristo...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

giovedì 15 novembre 2007

Sa domu ‘e su Para - La casa del frate

Percorrendo la nuova strada Gesico-Villamar, a circa cinque chilometri da Gesico, ma in territorio di Guamaggiore, nascosta nella valle del Rio Salliu, “s’Arriu Sabiu” (fiume salato), si trova una vecchia costruzione ormai diroccata e che va via via scomparendo sepolta da pietre e terra. Per chi conosce la zona non é difficile arrivarci, infatti sulla sinistra, all’altezza de “is contrasa de Leunessi” (contrada di Leunessi), si trova una strada campestre che fiancheggia s’Arriu Sabiu e che dopo circa un chilometro permette di raggiungere “sa domu ‘e su Para”.
Alcuni anziani ricordano ancora quella piccola costruzione che di tanto in tanto veniva utilizzata come riparo, ma ora non restano che poche rovine a testimoniare la sua esistenza.
Lungo la strada il paesaggio desolato ci porta a pensare a chi, cinquanta e più anni fa, pernottava presso “is domus de Peppi Pai” (le case di Peppi Pai), anche di queste non restano che vecchi ruderi visibili alla nostra sinistra.
In quei tempi i bambini di cinque o sei anni venivano portati in campagna e lasciati a custodire il gregge. Questi piccoli uomini avevano paura, specialmente la notte, ma allora così era la vita.
Per raggiungere le rovine bisogna camminare lungo il sentiero per circa venti minuti, tra cespugli di “tramatzu” e di “moddizzi”, ammirando splendidi pennacchi di “cruccuri” per giungere “assa domu ‘e su Para”.
Alla sinistra, poco sotto Bruncu Murcioni, possiamo vedere Nuraxi ‘e Accasa”, ma noi ci fermiamo prima, quando vediamo le prime tracce di pietra lavorata.
Di fronte a noi si apre un foro circolare di circa tre metri di diametro e profondo circa un metro e cinquanta. Si tratta dei resti di una costruzione in pietra lavorata, di forma circolare, che presenta un ingresso sul lato Ovest. Il pavimento é stato rimosso e si può notare che la costruzione é poggiata su una fila di pietre non lavorate. Su di queste si trovano tre file di pietre lavorate.
Le mura sono spesse circa ottanta centimetri e, ad un esame sommario, sembra che siano costituite da due file di pietre lavorate a T, la fila esterna presenta la faccia convessa lavorata mentre la fila interna presenta la faccia concava. Tra le due file si trovano delle pietre di dimensione ridotta legate con fango e terra.
Per poter essere certi del metodo costruttivo e quindi risalire allo stile architettonico e cercare di datare la costruzione bisognerebbe intraprendere degli scavi in tutta la zona. Pietre lavorate si possono notare un po’ ovunque, dentro e fuori la costruzione.
A circa dieci metri di distanza si trovano i resti di una seconda costruzione di diversa fattura. Le mura sono costituite da pietre di dimensioni inferiori, rispetto alla prima, e non lavorate, legate tra loro con terra. Di questa seconda costruzione resta solo una parte a forma di cupola. Dalla forma si potrebbe pensare si trattasse di un forno o di una cisterna, ma , come già detto, solo degli scavi accurati potrebbero portare alla luce elementi determinanti e chiarificatori.
La leggenda popolare racconta che queste costruzioni erano abitate da un frate che viveva nella zona ma non si conoscono altri particolari.
Al di là delle rovine de “sa domu ‘e su Para”, che già di per se possono offrire una valida motivazione ad affrontare il viaggio per Gesico e le sue campagne, la zona presenta delle sue caratteristiche peculiari per le quali vale la pena dedicarvi una giornata.
Si può raggiungere a piedi o a cavallo, facendo bene attenzione a non recar fastidio alle greggi e chiedendo l’autorizzazione ad attraversare i terreni ai legittimi proprietari al fine di evitare danneggiamenti.
Nel periodo piovoso si può assaggiare l’acqua salata de “s’arriu Sabiu”, negli altri periodi dell’anno il ruscello é asciutto. Questo ruscello dall’acqua salata, in passato , si credeva fosse ciò che restava di un antico mare e qualcuno racconta di aver visto degli anelli in ferro infissi nella roccia che dovevano essere utilizzati come attracchi per le imbarcazioni. Nessuno mi ha saputo indicare l’ubicazione di questi anelli, probabilmente perché non sono mai esistiti.
Sembra improbabile credere alla storia del mare come a quella degli anelli di ferro,é più facile ipotizzare un deposito di sale a monte della sorgente.
Tutta la zona é ricoperta di cespugli di moddizzi, (Lentisco) di questi in passato venivano raccolte le bacche utilizzate per la produzione de “s’ollu e stinci”, usato al posto dell’olio d’oliva; si trova anche qualche cespuglio di tramatzu (Tamerice) i cui rami venivano tenuti nei pollai per allontanare le pulci delle galline.
Rientrando possiamo immaginare la vita di quel piccolo pastorello che cinquanta e più anni fa si aggirava intimorito per queste campagne, possiamo quasi vederlo mentre raccoglie le bacche da un cespuglio di “arruabi” per placare la fame e la sete.
Potete farlo anche voi se volete, i cespugli di “arruabi” ci sono ancora ed in settembre le bacche sono mature e saporite.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
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Da quando ho visitato il posto l'ultima volta sono passati diversi anni... chissà se il tempo (e i vandali) ha modificato le cose...

mercoledì 14 novembre 2007

Erodoto di Turi - Dario e il Governo del Popolo

Dario e i sei suoi alleati, dopo aver fatto strage dei Magi che avevano usurpato il potere, sedato il tumulto e trascorsi cinque giorni durante i quali fu sospesa la legge, decisero di riunirsi per discutere sulla forma di governo che avrebbe dovuto adottare i Persiani.

Otane, uno dei sette,

"consigliava di introdurre fra i Persiani il governo popolare, adducendo queste ragioni: Io sono del parere che non debba più uno di noi farsi padrone assoluto, poiché non è cosa ne bella ne buona. Voi, infatti, avete visto fino a qual punto è arrivata la tracotanza di Cambise e avete sperimentato anche la prepotenza del Mago. E come potrebbe essere un governo ben ordinato il dominio d'un solo, se egli può fare quello che vuole, senza rendere conto ad alcuno? Poiché anche l'uomo migliore del mondo, investito di questa autorità, si troverà al di fuori del consueto modo di pensare. Per l'abbondanza dei beni che lo circondano, mette radici in lui l'orgoglio, mentre in ogni uomo è radicata per natura l'invidia fin dalla prima origine e quando uno possiede questi due vizi, racchiude in sé ogni perversità [..] Invece quando è il popolo che detiene il comando, in primo luogo il governo ha il nome più bello d'ogni altro: uguaglianza di diritti; poi, non commette nessuno di quei soprusi che compie il monarca; le cariche pubbliche si ottengono per sorteggio; il governo è soggetto a rendiconto e tutte le decisioni sono prese in comune. Io propongo quindi che noi rinunciamo alla monarchia, per dare forza al governo popolare poiché nella maggioranza c'è la fonte di ogni diritto".


Così si espresse Otane, per il governo popolare, per la democrazia, avrebbero detto i greci, e dunque contro la monarchia...

Si, democrazia avrebbero detto i greci... greci... ma Otane era Persiano...

E come ne parla, non sembra stia improvvisando al momento... vi è dietro un pensiero già formato... studiato e conosciuto... nel 500 a.C.!


Ma poi, per farla breve, decidono per la Monarchia!

Ma questa è un'altra storia...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


domenica 11 novembre 2007

VIRGILIO - Georgiche... e parlano le bestie

Virgilio compose il suo "Georgiche" intorno al 37 a.C., in lingua latina, facendo riferimento alle sue conoscenze e a testi e autori più antichi... tra questi Lucrezio e Esiodo.
Ma non voglio certo annoiarvi con dati che potete trovare ovunque, ciò che mi preme è mettere in evidenza alcune parti che mi hanno colpito...
Virgilio sta parlando dell'Etna e delle sue numerose eruzioni, quindi dei terremoti delle Alpi quando...

(Libro I, 475-490)
E un alto grido, da tutti udito, corse in mezzo ai boschi silenziosi, e si videro fantasmi pallidi in strani atteggiamenti al buio della notte e parlano le bestie, terribile! Si ferman l'acque e s'aprono le terre, e mesti piangono nei templi gli avori e i bronzi sudano. Travolti con l'infuriata piena i boschi, scorse l'Eridano, dei fiumi il re, dovunque per le campagne trascinando armenti e stalle. In quello stesso tempo infauste fibre nei tristi visceri si videro nè cessò di sgorgar sangue nei pozzi: e nella notte l'ululo dei lupi entro l'alte città sempre echeggiava. Mai più che allora, nel sereno cielo saettarono folgori e comete funeste fiammeggiarono.
Cosa accadde?
Un alto grido...
Fantasmi pallidi...
E parlano le bestie...
Piangono gli avori e i bronzi sudano...
Infauste fibre nei tristi visceri si videro...
Sgorgar sangue nei pozzi...
Fenomeni naturali estremi accomunati a manifestazioni particolari... Invenzioni e immaginazione?
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 10 novembre 2007

Costantino e la religione...

Leggendo un trattato sul calendario (The Calendar di David Ewing DUNCAN) mi sono imbattuto su una curiosità storica sul Concilio di Nicea... che mi piace condividere con voi...

Costantino indice un concilio al quale sono invitati tutti i Vescovi della chiesa Cristiana, li nutre e li intrattiene fino al suo arrivo...

"Constantine arrived at Nicaea on about 19 June 325, and was immediately handed a thick packet of papers detailing controversies large and small among the attendees. He carried the packet with him into the audience hall of his palace, where officially opened the council wearing a robe of gold and draped with jewels like a Persian King. Sitting on a golden throne in front of the prelates..."

Nonostante il mio scadente inglese, mi sembra di capire che al suo arrivo gli fù consegnato un voluminoso pacco di documenti, nei quali sono riportate le principali problematiche discusse dai religiosi e padri della chiesa...

"Ordering the bishops to set aside their arguments, he took the packet and dropped it into the flames of a brazier. As it burned he told his audience that they must use this council to establish a uniform doctrine they all would follow - an imperative that became the guiding force behind the Catholic churc for centuries to come and would profoundly affect all aspects of life, including attitudes toward measuring time"

Questi signori non avevano ben capito che il concilio non era un semplice momento di discussione ma una opportunità che gli venne offerta... e che, visto i risultati, seppero acchiappare al volo!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 9 novembre 2007

Erodoto di Turi e la fonte della lunga vita

Erodoto ci racconta come Cambise riuscì nella conquista dell'Egitto, quindi come esso, dopo tante inutili crudeltà, provò a conquistare il regno degli Etiopi... e, manda un gruppo di esploratori provenienti da Elefantina, chiamati Ittiofagi, a parlare con il re degli Etiopi e ad osservare... e così si intrattengono nello scambio dei doni e nel discutere. Il re degli etiopi...

(Libro III, 22)
Quando però si venne al vino e fu informato sul modo di produrlo, rimase incantato per questa bevanda: chiese allora di cosa si cibasse il re e quale fosse, per un persiano, la durata più lunga della vita. Gli Ittiofagi dissero che il re si nutriva di pane, spiegandogli come nascesse il grano e che, per un uomo, il termine massimo della vita era ottanta anni. Al che l'Etiope osservò che non c'era nulla da meravigliarsi se essi, nutrendosi di letame, vivevano pochi anni, anzi neppure quei pochi sarebbero in grado di viverli, se non avessero il ristoro d'una tale bevanda, intendendo il vino, in questo, senza dubbio, gli etiopi erano separati dai persiani.

(Libro III, 23)
Alle domande, poi, che a loro volta gli Ittiofagi gli rivolsero intorno alla durata della vita e al sistema alimentare degli etiopi, il re disse che la maggior parte di loro giungeva fino a centoventi anni, anzi alcuni li superavano. Il loro nutrimento era costituito da carni cotte e la bevanda era il latte. E siccome gli osservatori si meravigliavano per il gran numero di anni, li avrebbero condotti a una fonte, nella quale si bagnavano e ne uscivano più lucidi, come se fosse d'olio: emanava, poi, da essa un profumo come di viole. L'acqua di questa fonte era così leggera. Dicevano sempre gli osservatori, che nessuna cosa vi poteva sopra galleggiare, né schegge di legno, né quanto è più leggero del legno; tutto ciò colava a fondo. Se veramente essi possiedono quest'acqua, tale quale si dice, è per questo, forse, che, facendone uso costante, sono cosi longevi.

Che dire... poco credibile la storia della fonte...
chissà se é mai esistita una tal fonte miracolosa...
Ma cosa pensare della dieta e di quanto sostenuto dal re degli etiopi?
Carne cotta e latte...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 8 novembre 2007

Erodoto e gli Egizi

Erodoto, nel libro secondo ci parla, tra l'altro degli Egizi. Ci informa che le sue descrizioni sono raccolte spesso di persona intervistando i sacerdoti dei tempi di Menfi, di Tebe, di Sais e altri...

[Libro II, Euterpe, 2]
Gli egiziani prima che Psammetico salisse al potere, erano convinti di essere essi i primi uomini comparsi sulla Terra; ma da quando Psammetico, divenuto re, volle indagare chi fossero davvero i primi uomini, da allora riconoscono che prima di loro vennero al mondo i Frigi; poi comparvero essi prima di tutti gli altri.

Ma il modo in cui fu stabilito che i Frigi vennero prima non credo possa essere ritenuto scientifico...
Gli egizi riferiscono ad Erodoto che...

[Libro II, Euterpe, 4]
primi fra tutti gli uomini, furono gli egiziani a scoprire l'anno, avendo diviso il ciclo delle stagioni in dodici parti, e l'avevano scoperto, a quel che dicevano, osservando gli astri.

E' interessante la descrizione e il calcolo degli anni e delle generazioni...

[Libro II, Euterpe, 5]
Mi dissero pure che il primo re d'Egitto, che fosse uomo, era stato Mina, e che ai suoi tempi tutto l'Egitto, eccetto la regione di tebe, era una palude e nulla emergeva da quei territori che ora sono a valle del lago Meri, al quale si giunge dal mare, risalendo la corrente del fiume, con sette giorni di navigazione.

Il primo re d'Egitto è stato Mina, altre volte chiamato Mene, probabilmente Erodoto si riferisce a Menes...

[Libro II, Euterpe, 99]
Dunque, mi raccontavano i sacerdoti che Mene, primo re d'Egitto, difese con degli argini il territorio di Menfi: il fiume, scorreva in tutta la sua larghezza lungo la catena sabbiosa dalla parte della Libia; Mene, a monte, a circa cento stadi da Menfi, verso sud, avendo costretto il fiume con degli sbarramenti a formare un'ansa mise a secco l'antico alveo, e incanalò il fiume in modo che scorresse in mezzo alle due catene montuose.
Grandi opere... per i tempi a cui ci si riferisce... deviare il corso del fiume... del Nilo...

[Libro II, Euterpe, 100]
Dopo Mene i sacerdoti, consultando un loro libro, elencavano i nomi di altri 330 re; e in tante generazioni umane c'erano stati 18 etiopi, e una donna indigena: tutti gli altri erano uomini ed egiziani.

[Libro II, Euterpe, 141]
Dopo il cieco, salì al trono dicevano, il sacerdote di Efesto che si chiamava Setone.
Questo Setone visse al tempo in cui re degli Arabi e degli Assiri era Sennacherib...
Potrebbe trattarsi di Sethi?

[Libro II, Euterpe, 142]
... dal primo re fino a questo sacerdote di Efesto [..] si contano 341 generazioni [..] 11340 anni...
Così, essi dicevano, in 11340 anni, nessun Dio era stato tra loro in forma umana. Nemmeno prima del resto, come neppure dopo, tra gli altri re che regnarono in Egitto, s'era verificato, a sentir loro, alcunché di simile.
In questo periodo di tempo, raccontavano, il sole si sviò quattro volte dall'usato suo corso: due volte sarebbe spuntato di là dove ora tramonta; e dove ora sorge, ivi due volte sarebbe tramontato: nulla in Egitto, per tutto questo tempo, ebbe a subire mutamenti: né i prodotti della terra, ne quanto veniva dato dal fiume, ne il decorso delle malattie o le cause di morte.
11.340 anni... certo che se fosse vero...
Ma cosa significa che "il Sole si sviò quattro volte dall'usato suo corso"?
Non so... non capisco... o forse...
Credo che sia il caso che chi conosce il greco mi dia una mano... è corretta la traduzione sulla quale sto lavorando?
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 6 novembre 2007

SRIMAD BHAGAVATAM - Uttara e la freccia di ferro infuocata

Ho già accennato alle armi per così dire, non convenzionali per i tempi, presenti nello SRIMAD BHAGAVATAM, ed ecco ancora una stranezza...

(Canto 1, Cap. 8, verso 9)
Uttara disse:
O Signore dei signori, maestro dell'universo! Tu che sei il più grande degli yogi, proteggimi, Ti prego, perchè nessun altro può salvarmi dalla morte in questo mondo di dualità.

(Canto 1, Cap. 8, verso 10)
O Signore onnipotente, una freccia di ferro infuocata si sta dirigendo verso di me a grande velocità. Che io sia pure ridotta in cenere, sequesto è il Tuo desiderio, ma Ti prego, non lasciare che uccida il figlio che porto in me. O mio Signore, Ti supplico, concedimi questa grazia.

Come possiamo vedere, Uttara è preoccupata perché "una freccia di ferro infuocata" la sta per raggiungere "a gran velocità"... Di che si tratta? Il versetto successivo ci spiega che é Asvatthama che, non ancora contento, lancia un altro brahmastra contro l'ultimo discendente dei Pandava. Alla vista del radiante brahmastra i cinque Pandava afferrano le loro armi. Il loro Signore, allora...

(Canto 1, Cap. 8, verso 13)
Vedendo in pericolo i Suoi puri devoti, anime completamente sottomesse a Lui, il Signore onnipotente, Sri Krsna, afferra subito il Suo disco Sudarsana per proteggerli.

Dunque, contro un'arma terribile occorre un rimedio potente, come dire, contro un missile occorre un sistema antimissile... e così il brahmastra, seppure era un'arma implacabile viene neutralizzata! Solo ora il Signore può partire...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 4 novembre 2007

Erodoto, Glauco di Chio e le saldature, i giganti

Storie, di Erodoto, è uno dei testi più interessanti che abbia mai letto...
anche perchè sconvolge le mie conoscenze...
Per esempio:

(Libro I, 25)
Aliatte di Lidia, quello che aveva portato alla fine la guerra contro i Milesi, venne in seguito a morire, dopo aver regnato 57 anni.
Egli fu il secondo di questa famiglia, che guarito da una malattia, dedicò in Delfi un grande cratere d'argento, col suo basamento in ferro le cui parti erano saldate, offerta degna di essere vista più di tutte quelle che sono in Delfi;
opera di Glauco di Chio, l'unico uomo al mondo che abbia trovato il modo di saldare il ferro.
Dunque, almeno 500 anni prima di Cristo si era in grado di saldare il ferro! Ma questa tecnologia, da dove arriva? Oppure si tratta di un caso unico?
(Libro I, 68)
Certo, io penso o straniero, che molto saresti meravigliato, se avessi visto quello che ho visto io [..] nel lavoro di scavo mi imbattei in una bara lunga sette cubiti (cioè circa 3,15 metri!) e, siccome non volevo credere che fossero mai esistiti degli uomini più grandi di quelli che ci sono ora, la scoperchiai e vidi un cadavere delle stesse dimensioni della bara..
Così parla un fabbro a Lica, spartano, che era alla ricerca della tomba di Oreste...
Non so se ciò che aveva trovato fosse la tomba di Oreste o meno... certo che se fossero però corrette le dimensioni... doveva trattarsi di un vero e proprio gigante!
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 3 novembre 2007

Ipparco di Nicea (Nicea II sec. a.C.)

Astronomo e matematico greco, Hipparchus compilò un catalogo di 800 stelle. Dedusse il fenomeno della Precessione da confronti con i suoi predecessori Aristillo e Timocari (IV sec. a.C.). Non presta fede alla teoria Eliocentrica. Si sa della sua esistenza grazie a Tolomeo che ne ha parlato.
Interessante autore... da approfondire!
Chi mi sa dire qualcosa di più?
Quali opere ha scritto e quale teoria sosteneva se non condivideva quella eliocentrica?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 31 ottobre 2007

Solone, Platone e Fetonte, figlio del Sole

Ancora una volta, rileggendo il Timeo, vengo colpito da qualcosa...
Questa volta è il terzo capitolo, lo stesso in cui si parla del mito di Atlantide che mi colpisce per un aspetto che non avevo osservato con attenzione... e sempre Critia che racconta ciò che da ragazzo sentì da un più vecchio Critia durante la festa Cureotide che asseriva di averla sentita raccontare da Solone sulla sua visita in Egitto e in particolare presso la città di Sais.
Solone parlava con i sacerdoti del tempio di Neith (Atena) di Foroneo e Niobe, vissuti prima del Diluvio e di Deucalione e di Pirra e di come s'erano salvati dal Diluvio, quando un sacerdote, per alcuni di nome Sonchis, per altri Pateneit, lo interruppe dicendo:
"... voi Greci siete sempre fanciulli e un Greco vecchio non c'é [..] Perocchè non avete in essa per antica udita alcuna antica opinione né scienza che per il lungo tempo sia diventata canuta. E il perché di ciò è questo: molte volte e per molti modi avvennero stermini di uomini e ne avverranno, per mezzo del fuoco e dell'acqua i maggiori, e per infinite cause altri più lievi. Infatti ciò che si racconta presso di voi, che una volta Fetonte figlio del Sole, aggiogato il carro paterno, per non esser capace di guidarlo sulla strada del padre, bruciasse quanto era in terra e perisse fulminato, questo si racconta in forma di favola, ma la verità è la deviazione delle cose che circuendo la terra vanno per il cielo, a la distruzione per mezzo del fuoco, dopo lunghi periodi di tempo, di tutto ciò che è sulla terra. Allora infatti..."
Tutto il resto è interessantissimo ma voglio cercare di capire meglio queste poche righe...
In primis, il sacerdote afferma che i greci sono giovani nel senso che non conoscono la storia.
Motivo? Le numerose estinzioni che hanno colpito il genere umano (e in particolare il popolo greco).
Le estinzioni sono causate principalmente da acqua e fuoco, così nel passato come nel futuro.
Poi arriva la spiegazione della favola di Fetonte... che è visto come il figlio del Sole perché portò distruzione per mezzo del fuoco... ma Fetonte non è altro che uno o più corpi celesti che deviati dal loro percorso finirono sulla terra e la distrussero con il fuoco.
E poi, per finire, sembra che ciò accada ripetutamente ad intervalli di tempo...
Bene, dopo queste poche righe vi invito a leggere il Timeo con attenzione e senso critico, cercando di andare oltre le parole, cercando di capire cosa potesse esserci dietro le parole...
Cercando di capire la Storia che potrebbe essere alla base di racconti, miti e leggende perché conoscere meglio il passato potrebbe aiutarci a vivere meglio il presente preparandoci correttamente al futuro...
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 26 ottobre 2007

Archita di Taranto (Taranto 428-347 a.C.)

Matematico, stratega e filosofo della Magna Grecia.
E' considerato il teorico del suono... per lui il suono è dovuto al movimento.
Studia la duplicazione del cubo e inventa una colomba volante e altri dispositivi meccanici, per lui l'Universo è infinito.
E' sicuramente da conoscere meglio... tramite le sue opere:
. De Mente et de principiis;
. De Mente et sensu;
. De Sapientia;
. De decem categoriis;
. De regno;
. De regibus;
. De generatione;
. De custodia.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 20 ottobre 2007

GILGAMESH, la storia del ritrovamento.

Come ho già accennato, Gilgamesh è il protagonista di un poema epico della Mesopotamia, il personaggio è probabilmente esistito realmente come re sumerico.
Il mito di Gilgamesh emerge dal passato solo nel XIX° secolo ed è strettamente legata alle vicende di un inglese (Austen Henry Layard) che durante un viaggio si fermò in Mesopotamia e iniziò gli scavi che condussero al ritrovamento di due antichissime città: Ninive e Nimrod. In quella occasione fu ritrovata una immensa biblioteca di tavolette in scrittura cuneiforme... era la biblioteca di Ninive.
Grazie alla scoperta di una iscrizione conosciuta come "Le Gesta di Dario", ad opera di Henry Rawlins, un Ufficiale dell'Esercito britannico, che riportava lo stesso testo in lingua persiana, elamitica e babilonese, fu possibile tradurre buona parte delle tavolette provenienti da Ninive e non solo. Tra le varie cose ritrovate e tradotte da George Smith, una tavoletta riportava delle notizie del "Diluvio", fino ad allora presente solo nella Bibbia. Fu proprio questo ad eccitare gli animi e ad infondere nuova forza nei ricercatori e nei traduttori...
Qualche anno dopo i tedeschi compirono degli scavi nella zona e riportarono alla luce le rovine dell'antica città di Uruk unitamente ad un buon numero di tavolette...
L'Università della Pennsylvania alla fine dell'ottocento si occupò degli scavi di Nippur riuscendo a raccogliere circa 40.000 tavolette finite negli archivi di vari musei.
Le tavolette contenenti parti del testo della saga di Gilgamesh sono distribuite ormai sul mondo intero e probabilmente non tutte sono state ancora identificate e magari si trovano negli archivi di qualche museo... in ogni caso molto è stato fatto e il racconto è abbastanza chiaro.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

La preistoria dell'Egitto

Sino al VII, VI millennio a.C. un clima umido e caldo con una lussureggiante vegetazione subtropicale, caratterizzava l’Egitto.
Le zone ricoperte da boschi e le colline (ora desertificate) erano terreno di caccia.
Ci vollero millenni prima che il Nilo originariamente a clima torrentizio, scavasse il suo letto portando benefici al suolo egizio.
Le vallate a lungo furono completamente inospitali, costellate di lagune e malsane paludi.

Poche sono le testimonianze dell’età paleolitica.
Reperti più abbondanti relativi alla fase mesolitica, si trovano a Helwan, Kom Ombo e nell’oasi di Laqeita, periodo che corrisponde anche ad un cambiamento di clima divenuto più asciutto.
L’altopiano del Sahara, ormai inabitabile tranne che per poche oasi, spinse le popolazioni verso la valle del Nilo, che lentamente aveva assunto l’aspetto attuale.
Ritrovamenti nelle zone di Merimda, Beni Salama e nella zona del Faiyum, mostrano che l’economia durante l’età neolitica, era basata sull’allevamento e sull’agricoltura e le tombe avevano un’abbondante corredo funebre, amuleti e oggetti ornamentali.
Allo stesso periodo risalgono ceramiche lavorate, lance, asce levigate e frecce.

Solitamente si usa dividere l’eneolitico egiziano in tre grandi fasi.
- La civiltà di Badari che, basata sull’economia agricola e pastorale era caratterizzata dalla presenza di utensili di pietra, d’osso, di conchiglia, di rame e da ceramiche. Le necropoli in cui sono state ritrovate statuine femminili, vasi e tavolozze sorgevano lontano dai villaggi.
- Il periodo di Naqada I in cui sono evidenziate non soltanto influenze nubiane, ma anche asiatiche. Alcune raffigurazioni di cane testimonierebbero il culto di Seth, appaiono i primi sarcofagi e come nell’epoca faraonica, nell’Alto Egitto i morti sono sepolti con la testa a oriente.
- Il periodo di Naqada II dove è sempre più frequente l’uso del rame cui si aggiunge l’argento. Dagli elementi iconografici di origine mesopotamica su oggetti egizi si potrebbe supporre invasioni nella valle del Nilo di popolazioni asiatiche.
Sabrina BOLOGNI

domenica 14 ottobre 2007

Il primo Faraone Aha (Mens - Menes) o Narmer


Tutte le fonti di storiografia Egizia affermano all'unanimità che Menes fu il primo faraone.
Una virtuale conferma di ciò è fornita dalla famosa Pietra di Palermo. Il registro superiore non dà che i nomi, sotto una forma alquanto fantasiosa, di sovrani sui quali l'analista non è evidentemente in grado di fornire altre informazioni.
Il secondo registro doveva iniziare certamente con Menes, ma la parte che lo riguarda è andata perduta; per analogia con gli altri due re della I dinastia ricordati nel grande frammento del Cairo si può ritenere con quasi assoluta certezza che vi si trovassero sia il suo nome di Horo che il nome proprio, presumibilmente accompagnato da quello della madre.
Sotto l'intestazione gli spazi riservati alla datazione ricordavano senza dubbio anno per anno gli avvenimenti considerati più importanti del suo regno, anche se è probabile che il compilatore, trattandosi di un'epoca tanto remota, abbia attinto in parte alla propria immaginazione. Sarebbe interessante sapere se era ricordata in modo esplicito l'unificazione dei Due Paesi che era per gli Egizi l'evento memorabile da cui ebbe inizio la storia dell'umanità.
Un'allusione a questo avvenimento si trova nell'espressione Unione dell'Alto e Basso Egitto; giro delle mura che contrassegna il primo anno di regno di ogni sovrano nella Pietra di Palermo e in altri documenti, e che evidentemente si riferisce alla cerimonia con la quale si legittimava la discendenza del sovrano dal fondatore della dinastia.
Le mura nominate dovrebbero essere quelle di Menfi la cui fondazione è attribuita a Menes da Erodoto e, con qualche confusione, anche da Diodoro Siculo.
La Stele di Rosetta, a proposito di Menfi, parla dei riti abitualmente compiuti dal re nell'assumere il suo alto uffizio.
Lo spostamento della residenza regale da un'ignota località del Sud a questa città dalla stupenda posizione naturale al vertice del delta deve perciò esser considerato una conseguenza diretta dell'instaurazione del duplice reame.
Gli altri atti importanti attribuiti a Menes da Erodoto riguardano la creazione di un argine destinato a proteggere Menfi dalle inondazioni del Nilo e la costruzione del tempio di Ptah a sud dei bastioni della città; quest'ultimo avvenimento riceve un'implicita conferma da una tavoletta della XIX Dinastia che nomina il Ptah di Menes.
Come si può ben immaginare, data la scarsità di reperti storici e l'imperfetta conoscenza dei geroglifici del periodo, l'identificazione di un re della I dinastia non è mai precisa e certa. Ecco allora che Menes è da alcuni studiosi identificato con Narmer, mentre secondo altri lui e Aha sarebbero la stessa persona.

Secondo alcuni infine Narmer, Menes e Aha sarebbero state tre persone distinte.

Sabrina BOLOGNI

martedì 9 ottobre 2007

Leucippo (Mileto V secolo a.C.)

Filosofo greco, apprende da Zenone la filosofia eleatica.
E' autore del saggio "Il grande ordinamento dell'universo" e di un'opera "sulla mente".
Leucippo pare sia stato il primo filosofo greco a considerare gli atomi come elementi costituenti la materia.
Fu maestro di Democrito.
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

domenica 7 ottobre 2007

Le tasse nell'Antico Egitto

Nell’Antico Egitto le tasse erano pagate con il lavoro o in natura.
Considerando che il popolo egiziano apparteneva al re, era a lui che i suoi sudditi dovevano, in cambio del cibo, prestazione lavorativa gratuita.
Solo gli artigiani e i contadini, la parte produttiva egiziana, era soggetta al pagamento delle tasse. Durante l’epoca tinita furono fatti vari censimenti che permettevano di conoscere le future entrate con ampio anticipo. Come avveniva? Si valutava il presunto rendimento dei campi al momento della mietitura, calcolo fatto osservando l’altezza raggiunta dalle piene del Nilo. L’ammontare dell’imposta era poi conteggiato dagli scribi. L’importo delle tasse non era lasciato al potere decisionale degli scribi, ma il tutto era seguito da funzionari che dovevano osservare una prassi determinata. Erano rari i casi in cui un contadino doveva versare un tributo che non era in grado di pagare. Tuttavia gli abusi esistevano. Chi si riteneva vittima poteva fare le sue rimostranze ed era ascoltato. Vista la diversità degli oggetti provenienti dalla riscossione delle tasse, che svariavano dal grano ai pesci, dalle pelli conciate agli incensi, le città erano tutte dotate di grandi magazzini per lo stoccaggio. Anche i templi erano soggetti al pagamento delle imposte, salvo che non fossero in possesso di una carta d’immunità (ar), depositata negli archivi reali, dove erano elencati diritti e doveri.
Frequenti sono le raffigurazioni, tra le pitture tombali, di scene di prelievo delle imposte nei campi e delle bastonature inflitte ai recalcitranti contadini.
Sabrina BOLOGNI

venerdì 21 settembre 2007

SRIMAD BHAGAVATAM - Le armi...


La guerra accompagna il genere umano da sempre...

Le armi, col tempo si sono evolute, si pensa...

Guerra o "divertimenti del Signore"?

Cosa pensare di questi versi?


[Canto 1, cap. 7, ver. 12]

Suta Gosvami si rivolse ai rsi guidati da Saunaka:

Inizierò ora il sublime racconto dei divertimenti del signore, Sri Krsna, che sono legati alla nascita, alle imprese e alla liberazione dell'Imperatore Pariksit, saggio tra i re, e alla rinuncia al mondo da parte dei figli di Pandu.


Gli avvenimenti che seguono parlano della fine di una guerra, la battaglia di Kuruksetra, che vede il figlio di Dronacarya, Asvatthama il figlio di un Brahmana, commettere un crimine terribile, decapita infatti nel sonno i figli di Draupadi per donarne le teste al suo maestro. Arjuna giura di vendicare la morte dei figli della sua sposa e...


[Canto 1, cap. 7, ver. 17]

Arjuna [..] indossa quindi la sua armatura, si munisce di armi terribili, sale sul carro e parte all'inseguimento di Asvatthama...


Così inizia una lotta a due... Arjuna contro Asvatthama... quest'ultimo, sentendosi perduto gioca la sua ultima carta... decide di ricorrere all'arma ultima... il brahmastra...

Ma cos'é il brahmastra? E' l'arma più potente che esisteva ai tempi della battaglia di Kuruksetra.


[Canto 1, cap. 7, ver. 20]

Vedendo la sua vita in pericolo si purifica toccando l'acqua secondo il rito, e fissa la sua attenzione sul canto dei mantra che servono a lanciare i brahamstra, sebbene ignori come controllare queste armi.


Il brahmastra è un'arma che si controlla col canto dei mantra... è potentissima e direzionale... potente quanto e più di un'arma atomica... o almeno così si dice nelle spiegazioni...

Solo un brahmana è in grado di lanciare e richiamare l'arma, ma Asvatthama è un figlio di brahmana e non conosce tutto! in ogni caso Asvatthama lancia il brahmastra...


[Canto 1, cap. 7, ver. 21]

Una luce abbagliante si diffonde allora in tutte le direzioni, così ardente che Arjuna crede che la sua vita sia in pericolo e si rivolge al Signore, Sri Krsna.


Arjuna è confuso... non capisce cosa stia accadendo e allora si rivolge al Signore che...


[Canto 1, cap. 7, ver. 27]

Il Signore supremo disse: sappi che è opera del figlio di Drona. Egli ha pronunciato i mantra che servono a lanciare il brahmastra , ma ignora come controllare tale arma. Ha agito per disperazione, nella paura della morte imminente.


Un'arma controllata dai mantra... un'arma potentissima che provoca una luce abbagliante e intenso calore...


[Canto 1, cap. 7, ver. 28]

Soltanto un altro brahmastra potrà neutralizzare quest'arma. O Arjuna, tu che sei esperto nell'arte militare, vinci con la tua arma questa potente radiazione.


Allora Arjuna, sentite le parole del Signore lancia la sua arma per neutralizzare quella del suo nemico. Ma qual'è l'effetto di queste armi? Ce lo dice il cronista poco dopo...


[Canto 1, cap. 7, ver. 30]

Quando le radiazioni dei due brahmastra si fondono, un grande cerchio di fuoco, simile al disco solare, avvolge tutti gli astri del firmamento e gli spazi intersiderali.


Ma la sofferenza del mondo è troppa e così Arjuna ritrae i due brahmastra, il suo e quello del suo avversario... che viene catturato e condotto via legato come un animale...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
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L'immagine è tratta da wikipedia, dove potrete trovare tante altre notizie. In ogni caso vi consiglio di leggere i testi e poi allargare la ricerca su internet.

martedì 18 settembre 2007

SRIMAD BHAGAVATAM - Quattro miliardi trecentoventi milioni di anni...

[Canto 1, cap. 6, verso 31]
Dopo quattro miliardi trecentoventi milioni di anni solari Brahma si svegliò di nuovo per creare secondo la volontà del Signore, e tutti i rsi, tra cui Marici, Angira e Atri, rinacquero dal corpo trascendentale del Signore, e con loro apparvi anche io.
Quattro miliardi trecentoventi milioni di anni solari... è strano pensare che questa cifra sia presente in un testo antico...
E' ancora più strano il fatto che l'Universo, scientificamente parlando, sia vecchio... molto vecchio... approssimativamente quattro miliardi e mezzo di anni solari...
Che coincidenza!
Se poi parlassimo del fatto che i testi sacri dicono che l'Universo si forma e muore ogni, pensate un po, quattro miliardi trecentoventi milioni di anni solari...
Beh, tutte strane coincidenze!
Ne sono convinto anche io... tutte strane coincidenze!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

venerdì 14 settembre 2007

Waset... Tebe

Così gli egizi chiamavano Tebe.

La celebre capitale dei faraoni del Medio e del Nuovo Regno, nota in tutto il mondo con il nome greco “Tebe”, era una vera e propria metropoli, fervente di vita e attività.
Per ripercorrere i passi dei faraoni della XVIII e XIX dinastia, oggi, dobbiamo recarci a Luxor, dove sorge l’Opet meridionale del dio Amon.
Di Waset rimangono solo poche rovine, anche se in parte i resti dei templi di Karnak e di Luxor esprimono al meglio la grandezza dell’antica capitale egizia.
Waset si stendeva su un territorio molto vasto diviso in tre zone principali.
La prima rappresentava la città vera e propria in cui vivevano i faraoni e la popolazione e a cui era connessa un’area sacra situata in un sobborgo settentrionale, dedicata esclusivamente agli dei.
Durante la XII dinastia sorse un tempio dedicato al dio Amon, il primo nucleo del Tempio di Karnak.
L’Opet- meridionale del dio, l’Opet-resut, in cui Amon si recava a far visita alla sua sposa, (l’odierno Tempio di Karnak), sorse solamente nella XVIII Dinastia e rappresentava l’Harem del Sud.
Nella terza parte di Waset sulla riva sinistra del Nilo, oggi identificata con il termine di Tebe Ovest, sorgevano i templi funerari e le necropoli reali e private.
I cittadini di Waset conducevano la loro esistenza a stretto contatto con i morti, protetti dagli dei che avrebbero garantito la stessa quotidianità anche dopo la vita terrena.
Waset era stata scelta dagli dei per avere un destino glorioso.
Strategicamente sorta in uno dei punti nevralgici dell’Impero, era favorita nei rapporti commerciali con i paesi del Mediterraneo e dell’Africa, particolarmente con la Nubia, e poteva contare sulla vicinanza con le piste per le miniere dei deserti e verso le oasi.
Waset era lussureggiante, rigogliosa, sorgeva su una delle più ampie e fertili piane d’Egitto,
Il Nilo garantiva la fertilità del terreno, i raccolti erano abbondanti.
La montagna tebana che la cingeva e le valli desertiche costituivano la vita nell’aldilà grazie alla costruzione di necropoli reali e private.
Waset significava “scettro” e si scriveva con un geroglifico a forma del simbolo reale.
Chiamata dagli egizi “Città di Amon” fu ribattezzata dai greci “Diaspolis Magna” (“La grande città di Zeus” dio con cui Amon fu identificato).
Non è chiaro perché in epoca successiva fu chiamata Tebe.
Secondo un’ipotesi potrebbe derivare dal nome Apet o Opet con cui si indicava il dominio di Amon, a cui fu aggiunto l’articolo femminile “T” e per i copti fu “T-Apet” e per i Greci “Tebe”.
Un’altra ipotesi farebbe risalire la provenienza del nome dal sito di Medinet Habu (Tebe Ovest), Iat-tjamet, che abbreviato in Djeme per i greci sarebbe divenuto Tebe (Thebai).
La splendida Waset in cui vissero i più grandi faraoni dell’intera storia dell’Antico Egitto, inizialmente era un piccolo villaggio di pescatori.
Infatti, la prima capitale della terra del Nilo fu la città fondata da Menes: Menfi “La ben fatta e bella”.
Ma era nel destino di Waset diventare un giorno il centro del potere.
Capitale del quarto nomo dell’Alto Egitto, durante l’XI dinastia con il crollo di Menfi e il caos anarchico che ne seguì, al termine del Primo Periodo Intermedio alcuni principi tebani, tra i quali Antef e Mentuhotep, ripristinarono la monarchia, governando proprio da Tebe.
Quando gli Hyksos occuparono l’Egitto si insediarono in una nuova città situata nel Delta, eleggendola a capitale “Avaris” (oggi Tell el Daba).
Ta’o, Kamose e Ahmose, con altri eroici principi tebani, al termine del Secondo Periodo Intermedio liberarono l’Egitto dall’invasore e grazie a questa vittoria, Waset (città di provenienza dei principi) divenne la capitale dell’Egitto Imperiale.
Durante la XVIII dinastia la città visse un incredibile periodo di sfarzo e potenza.
Fu abbellita da meravigliosi monumenti, templi e palazzi reali di stupefacente bellezza, e celebrata con continue feste sontuose il cui eco risuonava per tutto l’Egitto.
Salito al trono, Akhenaton volle abbandonare la città a favore di una nuova capitale, Akhetaton costruita appositamente per adorarvi il dio Aton.
Con il sorgere della XIX dinastia il centro politico si spostò da Tebe verso nord, senza che ciò intaccasse la sacralità della città che rimase la capitale religiosa dell’impero.
Ramses II edificò una nuova capitale, Pi-Ramses che sorse nel Delta, sul sito di Avaris, tuttavia sia i faraoni della XIX dinastia sia quelli della XX continuarono a farsi seppellire nella necropoli tebana.
Tra la XXI e la XXII dinastia, durante l’epoca tanita, a Tebe fu riconosciuta la sua grandezza, grazie al tempio di Amon e all’influenza del clero che fu, con il sommo sacerdote, la controparte del potere faraonico nell’Alto Egitto.
Con l’avvento dei faraoni neri, durante la XXV dinastia, che dall’antica Kush avanzarono verso il nord, Tebe tornò ad essere la città gloriosa di un tempo, ma solo per il periodo del dominio nubiano.
Lo splendore dello “scettro d’Egitto” si offuscò completamente di fronte alle armate assire nel 663 a.C.
Waset, la patria di Amon era perduta per sempre.
Omero nell’Iliade ne ricorda la potenza:
”Tebe egizia, ove sono nelle case ricchezze infinite, Tebe che ha cento porte, e per ognuna duecento armati passano, con i carri e i cavalli”.

Sabrina Bologni

martedì 11 settembre 2007

SRIMAD BHAGAVATAM - Ravana, il Re ateo

Ancora una volta non posso che stupirmi di fronte a similitudini che non possono essere un caso. Questa volta sono stato attirato dal verso 22, parla di un Re ateo che fu sconfitto dall'Imperatore Rama. E la curiosità, che non è solo donna, mi ha portato a leggere tutte le spiegazioni al testo così... Ma ecco il verso!

[Canto 1, Cap. 3, verso 22]
Come diciottesimo avatara il Signore apparve nella forma dell'imperatore Rama. Per compiere alcune imprese in favore degli esseri celesti, Egli mostrò poteri sovrumani dominando l'Oceano Indiano e annientando Ravana, re ateo che viveva al di là di queste acque.

Chi era questo "re ateo"?
Nella spiegazione si parla di due demoni atei: Ravana e Hiranyakasipu che guadagnarono grandi successi materiali per mezzo di ricerche scientifiche. Ravana tentò di raggiungere i pianeti celesti usando mezzi materiali. VOleva costruire una scala altissima... La torre di Babele? Non era altro che una scala... alla fine! Rama lo punì... e il racconto delle imprese è scritto nel testo Ramayana...
che cercherò di leggere prossimamente!
Pare che Rama per sconfiggere il suo nemico che si trovava oltre l'oceano Indiano, fece costruire un poste di pietre che galleggiavano sulle onde.
Ma di che periodo si parla?
Se considero corretta la sequenza dei versi, ciò accadde tra il Diluvio (avvenuto mentre era vivo il decimo avatara) e l'avvento di Buddha (ventunesimo avatara)...Curiosi?
Io si...
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

domenica 9 settembre 2007

Manetone (III sec. a.C.)

Gran Sacerdote di Eliopoli, fu probabilmente sacerdote di Sebennytos. La sua opera principale é "la storia dell'Egitto (Aigyptiaka)" che conosciamo solo tramite altri autori che hanno riportato alcune parti delle sue opere. Era un'opera organizzata cronologicamente
Grazie a Manetone conosciamo un buon numero di Faraoni egizi e la durata approssimativa dei regni.
Secondo la lista pervenutaci i faraoni regnarono in Egitto per almeno 5.000 anni.
Manetone cominciò la sua lista dei faraoni indicando gli dei e i semidei che governarono in Egitto quindi parlò delle dinastie dell'antico regno, del medio regno e nuovo, intervallati dai cosiddetti periodi intermedi.
Il periodo dell'Antico Regno comprende le dinastie dalla I^ alla XI^. Segue il cosiddetto "Primo periodo intermedio" e quindi il Medio Regno.
Il secondo periodo intermedio è quello della famosa invasione degli "Hyksos". La cacciata degli Hyksos permette la nascita del Nuovo Regno, seguito dal Terzo Periodo Intermedio che arriva fino al tempo di Psammetico (664 a.C.). La lista prosegue fino al tempo in cui visse Manetone sotto i Tolomei.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 8 settembre 2007

La leggenda di Iside e Osiride

Iside era sposa e sorella di Osiride. A lei si doveva l'istituzione della famiglia e l'insegnamento alle donne della tessitura e del ricamo.
I due sposi regnavano felici sull'Egitto. Ma la sorte aveva in serbo una sorpresa per loro. Il loro malvagio fratello Seth, geloso del loro successo aveva ordito un inganno ai danni del fratello Osiride. Aveva fatto preparare un ricco scrigno, promettendo che ne avrebbe fatto dono a chiunque, entrandovi, l'avesse occupato interamente con il proprio corpo. Lo scrigno aveva le misure esatte di Osiride. Osiride cadde nel tranello ed entrò nello scrigno-trappola preparato per lui. Subito Seth e i suoi complici serrarono il coperchio e gettarono lo scrigno nel Nilo. A questo punto cominciarono le peregrinazioni di Iside alla ricerca del corpo del marito. Durante uno dei suoi viaggi venne a sapere che lo scrigno era stato trasportato dalla corrente del Nilo fino al mare. Qui, giunto a Biblo, si era arenato vicino a un cespuglio. Il cespuglio, come per incanto, si era allora trasformato in una splendida acacia, racchiudendo nel suo tronco lo scrigno. Il re di Biblo aveva visto l'albero e l'aveva fatto tagliare, ricavandone una colonna per il suo palazzo. Iside, giunta a Biblo, tutte le notti si trasformava in rondine e svolazzando intorno alla colonna lanciava gridi strazianti a cui però nessuno faceva caso. Allora, dopo essere divenuta governante del figlioletto del re, riuscì ad avere in dono lo scrigno. Apertolo cercò di ridare vita allo sposo, ma invano. E' in questo momento che rimase fecondata da Osiride, quando, trasformatasi in falco, fece vento con le ali sul corpo senza vita dello sposo. Nascose allora la bara a Buto, in un luogo paludoso. Ma il malvagio Seth, mentre andava a caccia, trovò la bara del fratello e lacerò il corpo in quattordici pezzi che poi disperse. Iniziò allora la ricerca di Iside delle parti del cadavere dello sposo. Furono tutte recuperate tranne il membro virile, mangiato dall'ossirinco del Nilo. In ognuna delle città dove furono recuperate le parti del corpo di Osiride sorse un tempio. Ricomposto il corpo di Osiride sì cercò di ridargli la vita. Il tentativo riuscì a metà, perché Osiride ricominciò a regnare ma non più sulla terra, bensì sul "Sito che è oltre l'Occidente", l'oltretomba.
Sabrina Bologni

SRIMAD BHAGAVATAM - Kapila

[Canto 1, Cap. 3, verso 10]
Il quinto avatara fu Kapila, il più elevato di tutti gli esseri realizzati. Egli espose ad Asuri Brahmana la conoscenza della metafisica e degli elementi della creazione, poichè nel corso del tempo questa conoscenza era andata perduta.
Se volessimo prendere per buono ciò che ci dice questo verso, si potrebbe dire che Kapila è colui che ha recuperato il sapere del passato.
Ma perchè la conoscenza andatò perduta?
Di che periodo si parla?
Chi era Kapila?
Queste cose non mi è dato saperle... e dal testo che ho non si evince niente di più!
Sembra però che apparve prima "dell'inondazione totale"... Questa avvenne durante la presenza del decimo avatara...
ma vediamo cosa dice...
[Canto 1, Cap. 3, verso 15]
Quando soppraggiunse l'inondazione totale dopo l'era di Caksusa Manu e il mondo intero fu completamente sommerso dalle acque, il Signore assunse la forma di un pesce e protesse Vaivasvata Manu facendolo salire su un vascello.
Se vogliamo dar credito a quando riportato in questo verso, vi fu una grande inondazione, non si parla di diluvio... potrebbe però essere un effetto dello stesso evento verificatosi in altre parti del mondo?
Nella spiegazione del versetto si parla comunque di diluvio, affermando che "si scatena sempre un diluvio alla fine di ogni Manu".
In ogni caso vi è un sopravvissuto, Vaivasvata Manu, un altro Noè, Ziusudra (o Utmapistim), Xisuthrus, Deucalione... e chissà quanti altri!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

lunedì 3 settembre 2007

Anassagora (Clazomene 499-428 a.C.)

Filosofo greco, nelle sue opere parla di "omeomenie"... particelle similari.
Secondo lui ogni corpo è composto da particelle più piccole della stessa sostanza, sostiene inoltre che i corpi non possono avere del vuoto all'interno.
Scrisse un'opera "Della Natura"... nella quale, tra l'altro, pare vi fosse l'ipotesi che le piene del Nilo fossero dovute alla fusione di nevi...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Ancora su "Questioni Naturali"...

In questo periodo sto leggendo "Questioni Naturali " di Lucio Anneo Seneca e vi sono dei punti che vi invito a leggere, in cui si parla senza ombra di dubbio, di conoscenze scientifiche avanzate! Per esempio, nel libro VI, cap. 30, Seneca parla dei terremoti e dice:
"Non mi meraviglio che si sia spaccata una statua, dopo aver detto che le montagne e il suolo stesso si è squarciato dal profondo. Raccontano che questi luoghi un tempo si spaccarono sconvolti dalla violenza di un'immane rovina (così vasto mutamento e capace di determinare il lungo volger dei secoli), mentre l'una e l'altra terra costituivano un'unità senza interruzione. S'introdusse il mare con furia scatenata e infuriando staccò dalla Sicilia la costa dell'Esperia e coll'onda che ribolle nello stretto passaggio prese a bagnar da una parte e dall'altra le campagne e le città dopo averle separate coi suoi flutti".
Strano, non è vero? Poi, non contento, poco dopo aggiunge:
"Così il mare ha strappato anche le Spagne dalla stretta unione con l'Africa, così attraverso questa inondazione celebrata dai maggiori poeti la Sicilia è stata bruscamente allontanata dall'Italia".
Chiaramente non è Seneca il problema... ma quali possono essere le spiegazioni a queste affermazioni?
In primo luogo: è possibile che un fatto del genere sia avvenuto alla presenza di esseri umani che hanno tramandato l'evento?
Secondo: Come è possibile che si parli anche di Spagna e Africa associandole al fenomeno?
Terzo: chi erano i poeti che raccontarono l'avvenimento?
Quarto: stiamo parlando di duemila anni fa!
Se però il fatto, come è probabile, non fosse avvenuto alla presenza di testimoni, le considerazioni da fare sarebbero altre, prima fra tutte: Chi aveva potuto ipotizzare che potessero esserci dei movimenti della crosta terrestre che avevano allontanato la Spagna dall'Italia doveva avere delle cognizioni scientifiche molto avanzate... doveva conoscere l'equivalente delle nostre teorie sulla tettonica!
Già in precedenza infatti ho parlato di Talete e di quanto sosteneva sul fluttuare della Terra su di un fluido...
I problemi sono sotto esame... ma se qualcuno vuol dire la sua...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Questioni Naturali... Genetica? (Lucio Anneo Seneca)

Certo che è strano trovare certi parallelismi tra le conoscenze di due millenni fa e le nostre...
Eppure, come interpretare questo pezzo ?

"Come nel seme è compreso il principio informativo di tutto l'uomo futuro e il bambino non ancora nato racchiude in se il codice che presiede allo sviluppo della barba e dei capelli bianchi (vi sono infatti miniaturizzate e nascoste le linee fondamentali del corpo nel suo insieme e di ogni successivo sviluppo)...
(Lucio Anneo Seneca, Questioni Naturali, [libro III-29,3])
Pare che tale osservazione provenisse dai filosofi greci conosciuti come Pitagorici, parliamo dunque di circa tra il VI e il IV secolo a.C.Possibile?Credo che non possano esserci dubbi in proposito!Ma vediamo un'altra osservazione, tratta sempre da Seneca:

"Quella che segue è l'insostenibile opinione di Talete. Egli dice infatti che l'orbe terrestre è sostenuto dall'acqua e che è trasportato come un'imbarcazione e che, allorquando si dice che trema, in realtà fluttua per la mobilità dell'acqua..."
Poco chiaro... direte...
Ma se vi dicessi che quando nel Timeo di Platone si parla di acqua s'intende "stato liquido della materia"... e che con Orbe terrestre s'intende la crosta terrestre... beh, allora diverrebbe... "Quella che segue è l'insostenibile opinione di Talete. Egli dice infatti che la crosta terrestre è sostenuta da materia fluida e che, allorquando si dice che trema, in realtà fluttua per la mobilità del fluido..."
E' ancora tanto insostenibile? Forse per Seneca ma per noi? Ma come poteva, Talete, anche solo ipotizzare una cosa del genere?
Mistero...
Tutto ciò non fa che confermare quanto ho già sostenuto... in passato si avevano delle conoscenze scientifiche molto approfondite... conoscenze che poi sono andate perse...
Centra forse qualcosa il Diluvio Universale?
Chissà...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Democrito (Abdera 460 - 370 a.C.)

Solo poche righe per descrivere un grande filosofo enciclopedico greco.

Democrito fu allievo di Leucippo, nella sua vita viaggiò molto, probabilmente visitò la Persia, l'India, l'Egitto e l'Etiopia. Si occupò di cosmologia, geografia, fisica matematica... Scrisse un testo conosciuto come "Il piccolo ordinamento dell'Universo" (Il suo maestro scrisse "Il grande ordinamento dell'Universo"). Democrito fu sostenitore e approfondì l'atomismo di Leucippo... nelle sue opere afferma che "in realtà odori, sapori e colori non esistono... esistono solo atomi e movimento". Trasilio (I° sec. a.C.) compilò un catalogo delle opere di Democrito, ma sono in tanti a parlarcene direttamente o indirettamente, tra questi sicuramente Epicuro ne riprese l'atomismo...
Come promesso... solo poche righe, per stuzzicare l'interesse!
Se volete saperne di più andate su wikipedia ma, se potete, leggetevi le sue opere sopravvissute... io non l'ho ancora fatto ma credo che non manchi molto!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Naturales quaestiones - (Lucio Anneo Seneca)

"Dicam, quod magis mirum videbitur: inter caelestia de terra dicendum erit..."

"Farò un'affermazione che sembrerà più sorprendente: della Terra si dovrà parlare fra le realtà celesti."

Così Seneca, figlio di Seneca, cerca di stupire il suo ascoltatore quando, nel LIBER II (VI) del suo "Naturales quaestiones" tratta dei tuoni, dei fulmini e dei lampi...La Terra è un corpo celeste e, in quanto tale, verrà trattata con i corpi celesti...E' sorprendente come Seneca spieghi, poco oltre, l'atmosfera...

"in questo senso l'aria è parte del mondo, e parte indispensabile. E' essa infatti che tiene insieme cielo e terra, che separa le regioni più basse da quelle più alte in modo tale però da congiungerle. Le separa perché vi si frappone mettendosi in mezzo; le congiunge, perché le une e le altre comunicano tra di loro per suo tramite: trasmette ai corpi celesti tutto ciò che ha ricevuto dalla terra, e per converso trasfonde negli esseri terreni l'energia siderale."
Ciò che ci dice Seneca... si potrebbe quasi disegnare... e non si arriverebbe lontano dalla verità...Ma come poteva sapere che la terra è circondata da una fascia d'aria?

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

sabato 21 luglio 2007

La civiltà nuragica

La mia terra, la Sardegna, è una terra misteriosa e, purtroppo, senza storia!
O, per meglio dire, tutta preistoria!
E' sufficiente percorrere la SS 131 Cagliari - Porto Torres per rendersi coonto di cosa intendo dire...
Ogni tanto si scorga la sagoma di un nuraghe, le antiche torri in pietra che ricoprono il territorio...
oppure le "domus de janas", le case delle streghe... piccole abitazioni con funzione forse funeraria scavate nella roccia... o, ancora, tombe dei giganti e pozzi sacri!
Il tutto si fa risalire al 2000 a.C. circa!
Un po troppo e troppo vario per una sola civiltà...

mercoledì 18 luglio 2007

Archiloco (Paro - VII sec. a.C.)

Archiloco fu un poeta greco che visse facendo il soldato.
In uno dei pochi frammenti sopravvissuti al tempo si parla di una eclissi, forse di quella ben nota da altri autori del 648 a.C.?
Secondo Erodoto, in un trimetro giambico (è un particolare tipo di verso) Archiloco parla di Gige, capostipite dei Mermnadi. Gige uccise Candaule, ultimo degli eraclidi (22°?). Erodoto afferma che Archiloco visse nel periodo di Gige... se così fosse, considerando 20 anni una generazione, dal 1° eraclide a gige dovrebbero essere passati circa 400 anni. Dunque il primo Eracle, forse il mitico Ercole, visse intorno al Mille a.C..

martedì 17 luglio 2007

Numbelan del Senegal - di Mbacke Gadji

Questa volta è il Senegal che mi fornisce qualche spunto di riflessione...
Numbelan - il regno degli animali (Adizioni dell'Arco) è infatti il titolo di un libro di favole della tradizione segalese.
I protagonisti, come nelle più conosciute favole di esopo, spesso sono amimali... che insegnano ai ragazzi il corretto modo di vivere...
Tartarughe, cervi, leopardi, Ndiamala (giraffa?) ma anche scimmie, iene e uomini sono i protagonisti delle fiabe... ambientate nelle terre Dieri (terre aride) e Walo (terre dei fiumi).
Il Senegal e le sue antiche tradizioni, i modi di dire, i proverbi antichi, ci guidano passo dopo passo nel cammino della conoscenza... preparandoci ai pericoli... che purtroppo esistono!
Perchè "se i piedi sono destinati a calpestare il suolo, prima o poi incroceranno il serpente..."

lunedì 16 luglio 2007

Ancora sul Timeo di Platone

Mentre leggo... mi vien da pensare... ancora una volta è il Timeo a colpirmi!
Vi invito, come al solito, a non prender per buone le mie parole ma a leggere voi stessi il testo!

Il Cap. VI parla della nascita dell'Universo e vi si dice che Iddio "assumendo quanto vi era di visibile che non posava, ma si moveva confusamente e disordinatamente, lo condusse dal disordine all'ordine"... e poco dopo prosegue con "e forma diede ad esso quella che gli era conveniente e connaturata [..] perciò anche in forma di sfera, che dal centro agli estremi egualmente d'ogni parte si stende, circolarmente lo arrotondò, la più perfetta di tutte le forme e la più omogenea in se stessa [..] che gli attribuì un moto [..] fece si che si movesse in una rotazione circolare, e gli altri sei movimenti glieli tolse." Da quel poco che mi sembra di capire, platone dice che l'Universo è sferico e si muove di moto rotatorio... similmente, almeno in parte, alle Galassie...
Più avanti, mentre parla della materia, dice "E prese tre cose, le mescolò insieme tutte così da formare una specie sola, adattando a forza alla natura di ciò che è sempre ad un modo quella dell'opposto, che non vi si volea mescolare". Credo che stia parlando di protoni, elettroni e neutroni... che messi assieme formano l'atomo!

Ma ancora deve arrivare il bello... al cap. XXII infatti sta parlando dei tipi di sostanze... o, per meglio dire, degli stati della materia... e dice "l'acqua invece, disgregata dal fuoco, o anche dall'aria, è ammissibile che diventi, ricomponendosi, un corpo di fuoco e due d'aria". Strano, non è vero? L'acqua, separata per mezzo del fuoco oppure a causa dell'aria, cioè trasformata in gas, diventa un corpo di "fuoco", l'idrogeno (principale componente delle Stelle e per ciò a pieno titolo corpo di fuoco), e due d'aria... ovvero due parti d'Ossigeno! Anche ciò è ben strano, non pensate?
Come faceva Platone a sapere che l'acqua si può scomporre in due elementi diversi che si combinano nel rapporto 2:1?
E' pur vero che l'acqua è H2O cioè due di Idrogeno e 1 d'Ossigeno ma fa comunque pensare...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 1 luglio 2007

Popol Vuh – Le antiche storie del Quichè.

Il Popol Vuh è il libro (Vuh) del popolo dei Quichè, una antica popolazione Maya vissuta in Guatemala. Di autore ignoto, raccoglie storia, religione e leggende dei Quichè, tramandate oralmente dai sacerdoti e conservate un tempo, sotto forma di pitture, le pitture di Tulàn (u tzibal Tulàn).
Nel XVI secolo, il Guatemala si chiamava “Terra dei Boschi”, da quiy (molti) e che (albero), per l'appunto.
Così si legge nella prefazione:
“Esisteva il libro originale, scritto in tempi antichi, ma la sua vista è celata al ricercatore e al pensatore. Vi era tutta la descrizione e la narrazione del modo in cui tutto il cielo e la terra presero forma, come fu formato e diviso in quattro parti, come fu delimitato ed il cielo fu misurato...”. Poi continua:
“Questa è la narrazione di come tutto stava sospeso, tutto in calma, in silenzio; tutto immobile, tacito, e vuota era la distesa del cielo [..] non vi era nulla [..] Solamente vi era immobilità e silenzio nell'oscurità, nella notte.”
Queste sono le prime righe di un'altra interessante storia dimenticata dal tempo...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 30 giugno 2007

Platone - Πλάτων - (Atene 428-347 a.C.)

Filosofo greco, viaggiò molto e si recò, tra l'altro, in Egitto.
Nel corso della sua vita conobbe Euclide.
Autore di numerosi "Dialoghi" tra cui la Repubblica, Timeo, Crizia, Fedro, Leggi...
Discepolo di Socrate, conobbe Aristotele.
Nel Timeo parla di Atlantide, attribuendo a Solone un racconto sulla mitica civiltà scomparsa...
Racconto proveniente dall'Egitto... da un sacerdote del tempio di Neith (Atena) della città di Sais:
".. fu una volta, o Solone, prima della grande distruzione per mezzo delle acque (il diluvio universale?), quella che ora è la città degli ateniesiuna città prestantissima, e per la guerra e per tutte le altre cose ben ordinata più che alcun altra, per opera della quale si dice abbiano avuto luogo le più belle imprese e i più belli ordinamenti di quanti mai sotto il cielo ci sia stata trasmessa notizia.
Or come udì queste cose Solone, disse di essersene meravigliato, e di averci messo ogni buon volere, pregando i sacerdoti che gli raccontassero ordinatamente per filo e per segno tutto ciò che sapevano dei suoi antichi concittadini.
E il sacerdote gli rispose: Non c'è ragione di rifiutartelo, o Solone,; e per amor tuo e della città tua parlerò, e sopra tutto anche per rispetto della Dea che possedette, nutrì e allevò la citta vostra e la nostra, anzi la vostra mille anni prima, ricevendo il seme di voi dalla Terra e da Efesto, e la nostra posteriormente. E di questa fondazione nostra nelle sacre scritture è scritto il numero di ottomila anni. Pertanto dei tuoi concittadini, che sono stati novemila anni fa, ti esporrò brevemente e le leggi e delle opere loro quella che fu la più bella; [..] Molte grandi opere pertanto della città vostra quì trascritte si ammirano, ma a tutte una va di sopra per grandezza e per valore; perocchè dice lo scritto di una immensa potenzacui la vostra città pose termine, la quale violentemente avea invaso insieme l'Europa tutta e l'Asia, venendo di fuori dal mare Atlantico. Infatti allora per quel mare là si poteva passare, perchè innanzi a quella foce stretta che si chiama, come dite voi, colonne d'Ercole, c'era un'isola. E quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia insieme, e da essa chi procedeva trovava allora un valico alle altre isole, e dalle isole a tutto il continente dall'altra parte intorno a quel mare là [..] Ora in questa isola Atlantide era sorto un grande e mirabile impero, il quale la dominava tutta quanta con molte altre isole e alcune parti pure del continente. Ed oltre di ciò anche delle regioni da questa parte del mare interno signoreggiavano sulla Libia fin verso l'Egitto e sull'Europa fino all'Etruria. Or tutta questa forza raccolta in uno tentò una volta con un impeto solo di soggiogare e i luoghi vostri ed i nostri e quanti altri sono di qua dello stretto. E fu allora, o Solone, che la potenza della città vostra diventò illustre presso tutti gli uomini e per valore e per vigoria. Perocchè avendo la preminenza su tutti per forza d'animo e per ogni arte di guerra, parte da sola per necessità, quando gli altri la abbandonarono, dopo esser giunta agli estremi pericoli, riuscì a trionfare degli invasori e ad innalzarne trofei; e coloro che non erano ancora stati soggiogati impedì che si soggiogassero, e gli altri, quanti abitiamo di quà dai confini di Ercole, tutti generosamente liberò.
In tempi posteriori per altro, essendo succeduti terremoti e cataclismi straordinari, nel volgere del giorno e d'una brutta notte, quando v'era presso di voi atto a combattere, tutto in massa si sprofondò sotto terra, e l'isola Atlantide similmente ingoiata dal mare scomparve. Per questo anche adesso quel mare là è diventato impraticabile e inesplorabile, essendo d'impedimento il fango dei bassi fondi che l'isola sommersa produsse."
Vi invito a leggere voi stessi il Timeo...
troverete anche tante altre cose d'interesse...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
Archeologia, preistoria e storia, suddivisioni artificiose del tempo... l'unico testimone dell'evoluzione dell'Uomo...
Egitto... Roma... Sardegna...
Etruschi... Babilonesi... Assiri... Hyksos... Shardana... popoli del mare... Maya... Aztechi... Cinesi...
Vogliamo parlare di questi popoli e di altri... cercare di evidenziare similitudini e differenze... proveremo a studiare, assieme a chi ne ha voglia, popoli dimenticati... senza preconcetti!
Cercheremo di ripercorrere la storia di questi popoli con l'aiuto di storici antichi e moderni... ma non solo...
Cercheremo di andare oltre una disciplina scolastica leggendo testi antichi alla ricerca di radici ancora poco chiare...
Cercheremo di capire se è vero che l'uomo si è evoluto così come abbiamo studiato, linearmente, oppure se è possibile che le cose siano andate diversamente... come sostenne Platone!

Zibaldone...

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