Ho appena terminato di leggere un
saggio/lettera del Cavaliere Giulio di S. Quintino, "Sopra il sistema
de' numeri presso gli antichi egiziani" pubblicato il 15 gennaio 1825,
inviata all'Abate Giovan Battista Zannoni.
Avendolo
trovato molto interessante e non avendo mai sentito prima parlare di
ciò, ho ritenuto importante scrivere alcune righe per ricordarlo.
Il
Cavalier Giulio di S.Quintino era allora conservatore presso il Museo
Egizio di S.M. il Re di Sardegna, in Torino, mentre l'Abate era
segretario della Reale Accademia della Crusca e Regio antiquario nell'I.
e R galleria di Firenze.
L'oggetto della lettera/saggio, come traspare dal titolo, è il sistema numerale degli Egizi.
Il Cavaliere spiega di essersi avvalso, per i suoi studi, di contratti demotici e registri ieratici "pieni
in ogni loro parte di date e di quantità numerali" ma, più utili sono
stati per lui "i miseri avanzi di un antico codice cronologico egiziano
che presso di noi pure si conserva, ridotto però dal tempo, in centinaia
di frammenti".
Il Cav. ci parla
dunque di un codice cronologico antico e molto rovinato. Aggiunge che il
primo a visitare e studiare il codice fu Champollion il minore. Sulla
base dell'analisi del codice, Champollion pubblicò diversi articoli sui
giornali d'oltralpe, definendo il papiro "un vero canone reale fatto a
somiglianza di quello di Manetone; come un tesoro per la storia, di cui
non si potrà mai deplorare abbastanza la perdita per ciò che ne manca;
come un'appendice inestimabile alla celebre tavola genealogica d'Abydos,
e contenente una serie di oltre cento Monarchi egiziani".
Una
notizia interessante senza dubbio, per quei tempi di sicuro,
trattandosi di una scoperta che aggiungeva almeno cento Re a quelli
allora noti. Sicuramente Champollion utilizzò questi dati nella sua
cronologia, facendo risalire i faraoni più antichi anche al 6.000 a.C.,
per Champollion il Re Menes, capostipite della Prima dinastia, unificò
alto e basso Egitto nel 5867 a.C.. Attualmente si ritiene che Menes
abbia regnato intorno all'anno 3000 a.C., ma siamo sicuri che le
datazioni odierne siano corrette?
Vediamo cosa ci dice ancora il Cavaliere Giulio di S. Quintino.
"Ora
egli è evidente che aggiungendo quei settecento od ottocento anni,
all'anno millequattrocento settanta tre avanti l'era volgare, nel quale,
con molta ragione, si crede dagli eruditi che il Re Sesostri abbia
cominciato a regnare, noi saremo trasportati, dalla sola tavola d'Abydos
oltre i tempi d'Abramo, in un'epoca già assai vicina al diluvio,
secondo la cronologia de' libri Santi.
Come
si può vedere chiaramente, l'autore è preoccupato di non andare in
contrasto con la cronologia ufficiale riconosciuta dalla chiesa. Il
periodo di 700 o 800 anni, riferito ad un centinaio di Faraoni è
chiaramente sottostimato, potendosi più realisticamente valutare, a mio
parere, in almeno 2000 anni.
Ma non è
tutto, infatti poco più avanti si dice: "Eppure Ella dee sapere, sig.
Abate pregiatissimo, che i nomi dei Faraoni che si trovano sparsi in
quei frammenti sono veramente assai più di cento; io stesso ne ho
riscontrato più di dugento; ed è cosa probabilissima che nell'intiero
papiro il loro numero fosse anche maggiore...".
Ciò potrebbe significare aggiungere non 2000 anni ma piuttosto almeno 4000!
Riportando così l'epoca dei primi faraoni almeno al 5000/6000 a.C. ovvero ai tempi indicati da Champollion.
Ma allora cosa spinge i nostri studiosi a porre molto più vicino nel tempo l'alba dell'Egitto?
Non penso che oggi si tratti di rispetto per la cronologia biblica ma non ne capisco il reale motivo.
Proseguendo la lettera, il Cavaliere avanza delle ipotesi più che credibili:
"Questo
nostro canone cronologico tanto celebrato non sarebbe egli mai per
avventura quello stesso codice nel quale erano registrati i 340 Re, i
quali secondo ciò che i sacerdoti di Tebe voleano far credere ad Erodoto
(Erodoto, II, 142) tennero lo scettro di Egitto per lo spazio di
undicimila trecento e quaranta anni, da Menes, loro primo Monarca fino a
Sethos Re e sacerdote di Vulcano?"
In
effetti conoscevo già la storia di Erodoto e non ho mai capito per
quale motivo i nostri storici non abbiano mai preso la cosa sul serio.
Anche nel Timeo di Platone si fa riferimento all'antichità dell'Egitto
ma per i nostri scienziati e storici gli Egizi non possono aver creato
un regno sopravvissuto per più di 3000 anni!
Il
Cavaliere prosegue dicendo che il codice riportava, per ogni Faraone,
il nome, il periodo del suo regno in anni, mesi e giorni "con estrema
precisione".
Riconosce pure lui che
una serie di duecento sovrani non poteva non abbracciare un periodo di
tempo inferiore ai trenta o quaranta secoli. Dice inoltre che gli
elenchi furono trovati somiglianti a quelli di Manetone, per inciso
altro autore non tenuto in considerazione dagli storici.
A
questo punto sembra che il Cavaliere Giulio di S. Quintino si ricordi
che sta scrivendo ad un Abate e ritorna a parlare del suo studio sul
sistema numerale, professando anzi la sua contrarietà all'approfondire
lo studio della successione dei Monarchi: "Abbandonai quindi al suo
destino tutta quella turba disordinata di Faraoni, nascosti sotto il
velo di oscuri prenomi per lo più mutilati; perchè com'ella può credere,
non mi vanno punto a genio sì fatti antichi documenti cronologici, che
non so trovar modi di conciliare facilmente coi testi delle scritture
sante, ed in particolare colle otto generazioni che precedettero, dopo
il diluvio, la nascita d'Abramo (Genesi XI)".
Ecco, così il Cavaliere abiura al suo ruolo di uomo di scienza per prostrarsi di fronte all'uomo di chiesa!
Questa,
forse, la sua unica preoccupazione: che qualcuno possa comprendere che
nel papiro si parli di tempi antecedenti allo stesso Adamo: "Pericolo è che tale papiro possa contribuire segretamente a distruggere l'infallibilità della sacra storia scritta da Mosè".
Non credo di dover aggiungere altro!
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