mercoledì 29 aprile 2009

Tito Livio: Rea Silvia, la lupa, Romolo e Remo

Tito Livio: la storia di Roma continua...

Tito Livio: storia di Roma
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Buona sera maestro...
Possiamo proseguire la Storia di Roma?
E' disponibile oggi?

"Sono sempre disponibile verso chi ha voglia di imparare... sai Alessandro, non c'era tanta gente disponibile ad imparare ai miei tempi!
Dimmi Alessandro, ai tuoi tempi le cose vanno meglio?"

Maestro, ai miei tempi di fronte ad una domanda cui non vogliamo o non possiamo dare risposta diciamo: "Qual é la domanda di riserva?"
Mi perdoni, ma preferirei sentire Lei, magari ci potrebbe dire qualcosa di più su Romolo e Remo... se vuole!

"Alessandro, ricordi da chi prese il nome il Tevere?"

Certo maestro, da Tiberino, annegato mentre attraversava il fiume Albula, ma cosa centra questo?

"Niente... volevo solo vedere se mi hai seguito fino ad ora... Bravo!
Allora andiamo avanti.
Proca ebbe due figli, Numitore ed Amulio. Numitore ricevette in eredità il regno ma il fratello Amulio usò la violenza per allontanare Numitore dal regno quindi trucidò i suoi figli maschi e costrinse l'unica figlia, Rea Silvia, a diventare vestale per evitare che potesse generare dei discendenti legittimi che un giorno avrebbero potuto reclamare il trono. Rea Silvia però venne violentata dal dio Marte ed ebbe due gemelli. Amulio non era certo contento del fatto, fece incatenare Rea Silvia e ordinò che i due gemelli venissero abbandonati al fato, sul fiume Tevere..."

Una bella storia, maestro, ma cosa c'é di vero e quanto di mito?

"Domanda legittima, risposta impossibile anche per me!
Ma andiamo avanti.
La leggenda dice che i gemelli vennero abbandonati in una cesta ma che il Tevere li depositò in riva. Una lupa assetata che era scesa dalle colline li vide e li prese sotto la sua protezione allattandoli... Un pastore che si trovava li vicino chiamato Faustolo trovò la lupa con i due piccoli, li prese e li portò alla moglie Larenzia che li allevò."

La lupa... e si, questa storia si sente spesso a scuola, me la ricordo dalle elementari...

"Alessandro, devi sapere che ce chi dice che la lupa non fosse una vera lupa...
Pare infatti che Larenzia, la moglie di Faustolo, si prostituisse e che fosse conosciuta come "la lupa" dai pastori della zona..."

Ha! Questo non lo sapevo...

"Bene, questi due gemelli erano Romolo e Remo e crebbero quasi selvaggi in mezzo ai pastori, lavorando nelle stalle o pascolando le greggi, oppure girovagando per i boschi, cacciando e facendo preda. Fu proprio a causa delle loro attività che un giorno durante la festa in onore del dio Pan Liceo, la festa Lupercale, Remo fu catturato riconosciuto predone e condotto al re Amulio con l'accusa di aver invaso il territorio di Numitore..."

Numitore? Ma non era stato ucciso?

"No, era stato scacciato, allontanato dal regno, ma evidentemente non doveva essere poi tanto lontano...
Ma proseguiamo, dunque...

Remo, accusato di essere un poco di buono e di aver invaso il territorio di Numitore, venne inviato proprio a Numitore, che era il nonno, per essere punito.
Ora, Faustolo, il pastore, padre adottivo di Romolo e Remo, sospettava da tempo la verità ma non aveva mai detto niente, aspettando il momento giusto.
Così, valutato il pericolo, si decise finalmente a raccontare tutto a Remo. Intanto anche Numitore, avendo saputo che Romolo aveva un fratello gemello e ricordando i tragici avvenimenti della sua famiglia si era insospettito. Anche perché Romolo aveva un carattere forte e fiero, degno di un re!"

Così Romolo e Remo con l'aiuto dei pastori e di Numitore uccidono il re Amulio...

"Vedo che hai studiato... bene!"

Si maestro, ma é sempre un piacere sentirla...
Ancora una volta grazie... ma mi sembra stanco, forse é meglio se si riposa, continueremo un'altra volta se per lei va bene.

"Ti ringrazio, un saluto a te e a tutti i tuoi lettori allora!

Grazie maestro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 25 aprile 2009

Pitagora secondo Tito Livio

Precedenti:

Aristotele, i Pitagorici e i corpi che si muovono nel cielo...
La sapienza degli antichi: Pitagora e gli strumenti per correggere i sensi
Giamblico - I misteri dell'Egitto
Moderazione...
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Pitagora... sempre lui.
Tito Livio doveva tenerlo in grande considerazione, e come lui i suoi predecessori!

Storia di Roma, volume I:
"Erano a quel tempo, famosi il senso di giustizia e la pietà di Numa Pompilio. Abitava a Curi, capitale dei Sabini, ed era l'uomo di maggior cultura, per quanto riguarda il diritto umano e divino, che si potesse trovare a quei tempi.
Secondo una ipotesi errata (ma in chi altro si sarebbe potuto identificare il suo maestro?) ad impartirgli l'insegnamento sarebbe stato Pitagora di Samo : ma sappiamo che costui raccoglieva attorno a sé, nelle regioni estreme d'Italia, a Metaponto, Eraclea e Crotone, dei giovani, tra loro in gara a chi dimostrava maggior zelo, quando a Roma, più di cento anni dopo, regnava Servio Tullio".

Ricordiamo che, secondo la cronologia oggi riconosciuta:

- Numa Pompilio, secondo Re di Roma, visse tra il 754 e il 674 a.C.
- Pitagora visse tra il 575 e il 495 a.C.;
- Servio Tullio regnò su Roma tra il 578 e il 535 a.C.;

Se le date oggi conosciute sono esatte si può pensare che effettivamente Tito Livio avesse ragione a ritenere impossibile che il maestro di Numa Pompilio fosse Pitagora... ma sarebbe interessante capire da dove e da chi provenga questa leggenda...

"Ma se anche fossero stati contemporanei, come avrebbe potuto giungere ai Sabini da città così lontane la fama di Pitagora? E ricorrendo a quale linguaggio avrebbe suscitato in qualcuno la voglia di apprendere? Con che mezzi un uomo solo avrebbe potuto attraversare popoli tanto diversi per lingua e costumi?"

Queste le domande che si poneva Tito Livio (59 a.C. - 17 d.C. circa).
Chi può sapere se lui avesse avuto notizia delle leggende su Pitagora?
Se così fu, non ci ha però lasciato detto niente di più...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Il libro di Enoch... chi era Enoch?

Lago d'Orta e l'Isola di San Giulio

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Bene, anche per distrarmi dalla traduzione del Crizia, é arrivato il momento di proseguire il viaggio alla scoperta del libro di Enoch.
Da cosa iniziare?
C'é solo l'imbarazzo della scelta per cui iniziamo semplicemente dall'inizio!
E prima di tutto occorre cercare di capire chi era Enoch...
Per sapere chi egli fosse possiamo consultare la Bibbia dove troviamo alcune informazioni sulla sua discendenza, ma è possibile anche capirlo dalla lettura del suo libro, da qui è possibile ricostruire l'albero genealogico:

Malalel --> Jared --> Enoch --> Methuselah --> Lamech --> Noah ...

Ecco dunque Enoch, figlio di Jared, padre di Matusalemme, bisnonno di Noè... si, proprio quel Noè del Diluvio universale!
Storia o mito? Decidete voi... a me non interessa prender parte in questa discussione, ciò che mi interessa è cercare di capire leggendo i testi antichi... come si dice, "ai posteri l'ardua sentenza!"

Ed ora che abbiamo individuato la posizione nel tempo del nostro autore, vediamo se troviamo qualche altra indicazione...
Dalla bibbia, Genesi 5, I Patriarchi anteriori al diluvio, troviamo altre informazioni, Enoch sa parte dei discendenti di Adamo, della stirpe di Set... ma andiamo direttamente al nostro uomo, Jared, il padre di Enoch, aveva 162 anni quando generò Enoch e visse in tutto 962 anni... e si, in quel periodo la vita doveva essere ben più lunga di quella di oggi o, se preferite, gli antichi di allora non conoscevano il nostro calendario ma usavano il calendario lunare o qualcosa di simile... io non sono di questo parere, ma non importa! Ciò che però importa é il fatto che nel libro di Enoch vi é un intero capitolo che parla dei calendari da loro conosciuti... ma di questo ne parleremo al momento opportuno!

Ciò che importa ora é che ci viene detto che Enoch nacque nel 162° anno di vita del padre.
Enoch stesso visse a lungo, 365 anni in tutto! All'età di 65 anni generò suo figlio Matusalemme. Matusalemme all'età di 187 anni generò Lamech.
Lamech all'età di 182 anni generò Noè...
Tutti questi dati solo per avere una chiara idea delle generazioni...
Secondo la Bibbia dunque Enoch non conobbe Noè perché: "Enoch camminò con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso"!
Secondo il Libro di Enoch le cose non andarono così... Enoch infatti conobbe il suo bisnipote!
Ma anche questa é un'altra storia...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 17 aprile 2009

Aristotele, i Pitagorici e i corpi che si muovono nel cielo...

Aristotele, nel suo testo "Metafisica" ci parla delle dottrine filosofiche dei suoi predecessori e tra questi parla anche dei Pitagorici.

Io non sono un filosofo e dunque non mi voglio addentrare in considerazioni filosofiche ma cercherò semplicemente di mettere in risalto alcune notizie su questi "filosofi", seguaci di Pitagora... e per farlo chiamerò a testimoniare proprio lui, Aristotele... sempre che sia disponibile...

Certo, Alessandro, molto volentieri... devi sapere che i Pitagorici "per primi si applicarono alle matematiche e le fecero progredire e, nutriti delle medesime, credettero che i principi di queste fossero i principi di tutti gli esseri [..] e che tutto quanto il cielo fosse armonia e numero"...

Ma anche oggi é così, la natura si può spiegare, o meglio modellare, per mezzo di formule...

Allora anche tu sei un Pitagorico? Ma lasciami finire prima di parteggiare per loro... devi sapere che "siccome il numero dieci sembra essere perfetto e sembra comprendere in se tutta la realtà dei numeri, essi affermavano che anche i corpi che si muovono nel cielo dovevano essere dieci; ma da momento che se ne vedono soltanto nove allora essi ne introducevano un decimo, l'antiterra..." ti rendi conto?!?

Aristotele, perché mi parli di nove corpi celesti?
Quali sono? Se per te, come descritto dagli Stoici, al centro del mondo conosciuto c'era la Terra (perché era cosi, non é vero?) gli altri corpi visibili erano la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno, se aggiungiamo la Terra arriviamo a otto! Qual era il nono?

E cosa si intendeva per "Antiterra"?
Ma soprattutto per quale motivo i Pitagorici erano così sicuri che vi fossero dieci corpi che si muovono nel cielo al punto da introdurre l'Antiterra?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 15 aprile 2009

La sapienza degli antichi: Pitagora e gli strumenti per correggere i sensi

Giamblico é una fonte inesauribile di sorprese!

Ma questo lo sapevo...
Ma oggi non vi parlo di lui, anche se lo meriterebbe, chi vuole può leggere qualche cenno biografico e qualche curiosità su:

Giamblico - I misteri dell'Egitto

Giamblico e la forza di gravità.

Già tante volte ho scritto articoli sulle conoscenze scientifiche degli antichi ma pare che le sorprese non finiscano mai, ancora una volta devo ringraziare Giamblico per le interessanti notizie...
Giamblico tra le sue opere ha scritto una "vita Pitagorica".
Pitagora visse approssimativamente nel VI° secolo a.C. tra Samo (piccola isola dell'Egeo) e quella parte del sud Italia che forse proprio da lui prese il nome di Magna Grecia, in particolare nella città di Crotone (in Calabria).
Ma prima di arrivare a Crotone, durante la 62a Olimpiade, visitò e studiò a Mileto, a Sidone (in Fenicia) sua città natale secondo Giamblico, in Egitto dove passò 22 anni e poi quindi a Babilonia dove passò altri 12 anni "ospite"di Cambise. In Egitto studiò astronomia e geometria e tutti i misteri divini, a Babilonia frequentò i Magi...
Alla veneranda età di 56 anni tornò in quella che considerava la sua patria, Samo, portando con se le conoscenze acquisite durante i lunghi anni di lontananza e i suoi viaggi...

Giamblico ce ne parla dunque come di un uomo dedito allo studio e alla ricerca e con un gran senso di rispetto:

"e la sua superiorità rispetto a quanti successivamente adottarono le sue dottrine risiedette nel fatto che questi diventarono fieri oltre misura di studi di poco conto, laddove egli diede fondo alla scienza delle cose celesti, giungendo a comprenderla appieno con compiute dimostrazioni aritmetiche e geometriche."

Giamblico in un altro passo ci dice che Empedocle, parlando di Pitagora e della perfezione dei suoi organi, vero dono divino, diceva:

"V'era tra quelli un uomo di straordinaria conoscenza, il quale possedeva un'immensa ricchezza d'ingegno, e in sommo grado padroneggiava ogni sorta d'opere di sapienza. E quando tendeva tutte le forze della mente, agevolmente scorgeva ciascuna delle cose che sono, in dieci, e in venti generazioni umane."

Al di la della sapienza, cosa significa
"quando tendeva tutte le forze della mente, agevolmente scorgeva ciascuna delle cose che sono, in dieci, e in venti generazioni umane"?

Forse che Pitagora era uno storico?
Non mi sembra...
Cosa significa "perfezione dei suoi organi"?
Non saprei...

A Crotone Pitagora ebbe l'opportunità di conoscere Abari lo scita, venuto dal paese degli Iperborei in qualità di sacerdote del dio Apollo venerato nel suo paese. Abari era un sacerdote anziano e fu ammesso senza indugi alla presenza e agli insegnamenti di Pitagora. Così trovò che Pitagora era "in tutto somigliante al dio di cui era sacerdote".
Il sacerdote Abari aveva con se uno strumento particolare che lo aiutava a compiere il suo viaggio, strumento che Giamblico chiama "freccia".

Il sacerdote Abari "viaggiando a cavallo della freccia attraversava anche i luoghi inaccessibili (fiumi paludi, stagni, monti e simili...)".

Ancora una volta, di che si tratta?

Giamblico ce ne parla ancora, poco più avanti quando parla delle favolose capacita di Pitagora che "nel medesimo giorno fù a Metaponto in Italia e a Tauromenio in Sicilia, e in entrambi i luoghi rivolse la parola ai suoi discepoli"
ed ancora,
"Empedocle era soprannominato colui che storna i venti, e purificatore Epimenide, e colui che viaggia in cielo Abari perché a cavallo della freccia di Apollo Iperboreo che aveva ricevuto in dono, superava fiumi, mari e luoghi altrimenti invalicabili, appunto viaggiando in cielo in modo arcano. La stessa cosa alcuni pensano sia capitata anche a Pitagora..."

Cosa é questa "freccia" del sacerdote Abari?
Solo fantasie?
Oppure, come sembrerebbe, un qualche "arcano" mezzo di locomozione?
Chissà!

Giamblico ci dice che il sacerdote, avendo riconosciuto in Pitagora il suo dio, gli restituisce la "freccia". Il sacerdote Abari, pare, decise di restare al fianco di Pitagora...

Ma non é finita.
Giamblico ci racconta ancora che Pitagora "era teso nello sforzo di riflettere e calcolare se gli fosse possibile escogitare uno strumento che offrisse all'udito un sicuro e infallibile aiuto, quale davano alla vista il compasso, il regolo o la diottra, ovvero la bilancia e l'invenzione delle misure al tatto..."

Pitagora cercava qualche cosa che aiutasse l'udito, che lo migliorasse forse, che gli permettesse di distinguere, misurare i suoni, le frequenze... e qualcosa in effetti inventò!
Ma io sono interessato a ciò che viene dato per scontato in quanto già esistente... la "diottra" in particolare...
Di che cosa si tratta?
Era un qualcosa che offriva aiuto sicuro alla vista, questo ce lo dice lo stesso Giamblico, ma in che senso?
Era forse una specie di occhiale?
Ma lenti e occhiali non vennero inventati molto tempo dopo?
Ma quando?
Ma siamo sicuri?

Leggendo un libro sulla vita di Galileo Galilei avevo già notato che il cannocchiale non era stato inventato da lui, ma solo perfezionato, ma prendendo spunto da quali precedenti studiosi?
Uno di questi poteva forse essere il francescano Ruggero Bacone?
Alcuni passi dell'opera del celebre doctor Mirabilis, meglio noto forse col nome di Roger Bacon italianizzato in Ruggero Bacone, fanno pensare che lui conoscesse i principi dell'ottica e teoricamente era forse in grado di costruire occhiali, telescopi e microscopi... ma era il primo?
Forse no, altri prima di lui parlarono di strumenti per la correzione della vista.

Su wikipedia trovo che Seneca il giovane abbia scritto: "Lettere, anche se piccole e indistinte, si possono vedere ingrandite e molto chiare attraverso l'uso di un globo di vetro riempito d'acqua".
Sempre secondo wikipedia (versione inglese!) pare che il primi semplici esempi di strumenti per l'ingrandimento possano trovarsi già in alcuni geroglifici dell'antico Egitto, risalenti all'ottavo secolo A.C.!

Bene... anche senza credere a tutto ciò che ho scritto e letto, credo ci sia abbastanza materiale per stimolare la curiosità di tutti!

E allora che aspettate?
Io, da parte mia vado avanti e se troverò qualcosa di interessante, come al solito, ve lo farò sapere...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 14 aprile 2009

Moderazione...

Giamblico... lo ricordate?
Ve lo presentai due anni fà...
Oggi ho iniziato a leggere "La vita Pitagorica" e voglio semplicemente lasciarvi una frase su cui riflettere...
la frase che secondo Giamblico, può usarsi per riassumere il pensiero e l'opera di Pitagora!

"Occorre bandire e estirpare con ogni mezzo, col ferro e col fuoco e ogni altro espediente, la malattia dal corpo, l'ignoranza dall'anima, la smoderatezza dal ventre, la sedizione dalla città, la discordia dalla casa e insieme la dismisura da tutte le cose..."

Che altro dire?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

lunedì 13 aprile 2009

Alla ricerca del passato. Il libro di Enoch


Precedenti:

Lago d'Orta e l'Isola di San Giulio
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Alcune volte si inizia una viaggio dopo aver letto un libro, altre volte un viaggio porta a leggere un libro... o più d'uno, magari!
Qualche giorno fa ho iniziato un nuovo viaggio tra i libri alla ricerca di un passato dimenticato... tutto é iniziato con la visita all'Isola di San Giulio.
La basilica di San Giulio e i suoi affreschi, le sue statue, i simboli, l'aria di mistero...

Un pilastro con la rappresentazione di un "Serafino" dai mille occhi, una ricerca su Wikipedia alla ricerca del significato di "Serafino", come al solito poco o niente nella parte italiana:
I serafini sono una classe di Angeli con sei ali... il loro nome pare derivi da un termine ebraico che vuol dire "ardente". Nella Bibbia é Isaia che ce ne parla, ma solo poche righe... dove trovare altre informazioni?
Wikipedia in inglese é più interessante...
Oltre che nella Bibbia ne parla il Libro di Enoch, dove vengono chiamati "Dracones" cioé "serpenti"... anche se il termine deriva dall'Ebraico "Sarap" cioé "bruciare"...
Nel libro di Enoch si parla dei "Serafini" assieme ai "Cherubini", creature angeliche che stanno al fianco del trono di Dio!
Serafini... Serpenti... Angeli... Cherubini... Dio...
Mi torna in mente una vecchia lettura, non ricordo se da uno dei libri della Bibbia, in cui si parlava di Cherubini...
E' sufficiente! Ho deciso di andare avanti...
Ciò che mi occorre é Il libro di Enoch... ma dove lo trovo?
Wikipedia, versione inglese, mi viene incontro, ancora una volta... é possibile scaricare una traduzione dall'Etiope antico all'Inglese, realizzata a fine 1800 dal Rev. George H. SCHODDE. Certo, l'inglese del 1800 é diverso da quello di oggi... ma l'impresa si può tentare!
Così mi ritrovo per le mani un vecchio testo, "The book of Enoch", e dopo la stampa sono pronto ad immergermi nella lettura... e che lettura!
I Giganti, il Diluvio, esseri angelici di vario tipo, le leggi del cielo, il calendario... 108 capitoli suddivisi in venti sezioni di lunghezza irregolare...
Curiosi?!?
E allora seguitemi...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 9 aprile 2009

Tito Livio: Albula diviene Tevere...

Precedenti:

Tito Livio: la storia di Roma continua...

Tito Livio: storia di Roma
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Maestro, mi diceva che Enea morì e venne sepolto in riva al fiume Numico...
E poi? Su, non si faccia pregare...

"Perché dovrei?
Sai bene che ad una certa età solo la stanchezza ti può trattenere dal dire e fare ciò che pensi, non certo il pericolo delle conseguenze delle proprie azioni!
Ma veniamo al dunque.
Alla morte di Enea Lavinia regnò fino alla maggiore età del figlio Ascanio. Intanto la popolazione cresceva, così Ascanio, ormai grande, partì per il monte Albano dove fondò una nuova città, Alba Longa."

Lavinio, Alba Longa... ma Roma quando viene fondata?

"Alessandro, hai forse fretta?
Se é così vai pure.
Torna quando hai più tempo..."

Mi perdoni Maestro...
E' solo curiosità!

"Abbi pazienza e la tua curiosità sarà soddisfatta... a tempo debito!
Tra i popoli confinanti vi erano già allora gli Etruschi. Il confine tra i due popoli era segnato dal fiume Albula, quello che oggi voi chiamate Tevere..."

E come mai gli fu cambiato il nome?

"Il Tevere si chiama così a causa di un fatto tragico, ha preso il nome di un re che vi morì annegato, Tiberino, discendente di Ascanio...
I discendenti di Enea furono, nell'ordine: Ascanio, Silvio, Silvio Enea, Silvio Latino (fondatore dell colonie dei Prischi Latini), Alba, Ati, Capi,Capeto, Tiberino (che annegò nel fiume dandogli il nome), Agrippa, Romolo Silvio, dopo di lui non ricordo i nomi ma di mano in mano il regno arrivò ad Aventino, quindi Proca che ebbe due figli, Numitore e Amulio. Numitore ereditò il regno ma il fratello minore lo scacciò e ne prese il posto con la violenza. Trucidò i figli maschi del fratello e obbligò ai voti la figlia femmina, Rea Silvia".

Non pensavo fosse passato tanto tempo dall'arrivo di Enea nel Lazio alla fondazione di Roma. Contando i soli nomi di quelli che Lei ricorda siamo arrivati a 14 generazioni, ad una media di circa 20 anni per generazione, dobbiamo considerare almeno 280 anni! E se é vero che Roma é stata fondata il 21 aprile del 753 a.C. allora Lavinio e Alba Longa si possono collocare intorno al 1000 a.C. o prima ancora!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 4 aprile 2009

Vite dei grandi: Galileo Galilei

E' stata una settimana piena!
La famiglia, il lavoro... la lettura della biografia di un grande uomo, Galileo Galilei.
Galileo nasce a Pisa il 15 febbraio 1564, muore ad Arcetri l'8 gennaio 1642 lasciando in eredita al mondo intero il suo pensiero scientifico.
Il Dialogo dei Massimi Sistemi, causa per lui, nello stesso tempo, di fama e notorietà infinite e di disgrazie imminenti, ora si trova sulla mia scrivania, appena stampato, pronto ad essere letto e studiato e commentato come non ho mai fatto all'Università con i miei libri di testo... che differenza!

Ma ora cercherò di presentarvi Galileo, o forse solo di incuriosirvi e spingervi, sulle ali della vostra curiosità e grazie alla biografia scritta da Ettore Janni , a ricercare da voi stessi di approfondire una pagina di storia incupita dalla stupidità umana... Vi racconterò Galileo, per quel che ne so, presentandovi alcune curiosità da lui scoperte o comunque che emergono durante le mie letture.
Niente di sistematico dunque... non vi spaventate!

Galileo soffriva di salute cagionevole... causa, pare, l'aria condizionata...
Aria condizionata? Direte voi... si, proprio l'aria condizionata! Altro che invenzione moderna...

"Una volta, dunque, secondo il Viviani, egli si recò in compagnia di due gentiluomini amici, a una villa dei Trento a Costozza, nel Vicentino. Dopo il pranzo la brigata si pose a fare la siesta in una sala dove sboccava un condotto d'aria fresca proveniente da certe grotte. Era una speciale ricercatezza in quel luogo, e non soltanto in quella villa, temperare i calori estivi per mezzo di una conduttura che recava dalle grotte una piacevole frescura [..] Ma quella volta, o per l'eccesso di calore o per la negligenza della compagnia gravata dal sopore della digestione, l'aria fredda fu lasciata entrare in troppo gran quantità e troppo a lungo [..] le conseguenze furono gravi: uno ne morì, probabilmente di polmonite, di lì a pochi giorni, l'altro divenne sordo e Galileo fu preda di quei dolori reumatici e artritici che lo tormentarono tutta la vita".

Ma i dolori reumatici non furono la sua unica tortura. I fastidiosi emulatori, sostenitori dell'immutabilità dell'universo e della Terra al centro del mondo erano i veri fastidi!

Galileo ebbe l'opportunità di aprire all'uomo l'infinita grandezza dell'Universo stellato! Il cannocchiale, o cannone, come talvolta era chiamato, da lui migliorato così da permettergli di osservare la via lattea e di scoprire i satelliti di Giove, si diceva fosse però conosciuto sin dalla antichità...

"Quando se ne cominciò a parlare e a discutere fra studenti e curiosi, se ne cercò l'origine nell'antichità, secondo l'opinione tuttora corrente che quasi tutte le cose nuove trovate di poi e che saranno trovate in avvenire siano state per lo meno intraviste dagli antichi. Galileo vide col telescopio che la via lattea era formata di innumerevoli piccole stelle, e Democrito, un paio di millenni prima, aveva detto che così doveva essere".

Prima di Galileo altri avevano almeno studiato, se non realizzato, lenti capaci di ingrandire e avvicinare, Ruggero Bacone, francescano inglese del XIII secolo fu uno di questi e nell'Opus Majus, la sua opera, se ne può trovar traccia... e non appena potrò ve ne lascerò testimonianza scritta!
Alcuni attribuirono addirittura ad Archimede la costruzione di una "macchina da veder lontano venticinque o trenta miglia, fatta a forma di tamburo con un solo fondo, che sarebbe esistita lungo tempo a Ragusa, in Dalmazia...". Fantasie? O, veramente, gli antichi conoscevano il cannocchiale o telescopio?
Forse non avremo mai una risposta...

Ma gli studi di Galileo si spingevano troppo in avanti, toccavano parti dell'ordine costituito che la Chiesa non poteva non considerare come eretiche! Galileo d'altro canto si faceva trascinare ben volentieri, dal suo spirito vivo, nel discorrere su temi cari alla Chiesa come le Sacre Scritture. Chi era Galileo per arrogarsi il diritto di interpretarle?

"Il cardinale Bellarmino, massima autorità del Santo Uffizio, s'era rivolto ai matematici del Collegio per sapere che c'era di vero in quelle novità galileiane. La più rigorosa sorveglianza della chiesa sul movimento intellettuale esigeva una sollecita attenzione ai pericoli che potevano nascere per la tradizione e per l'autorità da opinioni e teorie nuove".

Il nuovo che mette in pericolo lo status quo!
Sempre la solita storia, la stessa che impedisce all'umanità di progredire, la stessa, però, che impedisce talvolta alla stessa umanità di commettere enormi errori contemperando il nuovo con la saggezza del conosciuto!

Galileo insegnava, studiava, inventava, scriveva... e intanto cercava anche di vivere al meglio!
Diversi personaggi famosi e potenti, principi e Cardinali, lo conoscevano e lo stimavano, come matematico e scienziato o, come amava dire lui, come filosofo della natura. L'Accademia dei Lincei, fondata da Principe Cesi, lo annoverava tra i suoi gioielli!

Erano tempi difficili quelli, tempi in cui chi osava troppo veniva bruciato al rogo!
Giordano Bruno era allora un ricordo recente...

I peripatetici copiavano, secondo Galileo. Egli aveva sotto gli occhi il naturale, loro avevano sotto gli occhi i libri del loro maestro, Aristotele, e mai li sollevavano al mondo per osservarlo e studiarlo!

Il dubbio, il porsi domande, l'investigare la natura, é il fondamento della filosofia... mai la certezza!

Ma ciò non significa che Galileo non ammirasse i grandi uomini del passato, che non li studiasse, anzi tra questi ammirava e stimava, pare, Pitagora. Galileo combatteva l'idea che veniva sostenuta dai peripatetici, che ciò che aveva scritto Aristotele fosse immutabile perché perfetto! Ma Galileo non era contro Aristotele ma contro la stupidità dei suoi seguaci!

La teoria Copernicana é al centro della sua opera "Dialogo dei massimi sistemi" ma Galileo sostiene che prima di Copernico altri furono della stessa opinione "Questa teoria del resto, é tanto poco sua che l'ebbero Pitagora con tutti i suoi,Eraclide Pontico, Filolao maestro di Platone e Platone stesso, Aristarco di Samo, forse lo stesso Archimede, Niceta filosofo citato da Cicerone; se la propose Seneca come un problema da considerare e finalmente fu confermata da Copernico".
Nomi insigni... grandi menti del passato... ma da dove veniva la loro conoscenza del sistema solare? Dobbiamo dunque supporre che il passato remoto abbia avuto uno o più "Galilei"?

Pitagora, forse?
Che alcune antiche leggende sulla sua persona lo vogliono in grado di viaggiare attraverso il tempo e lo spazio e di comunicare con piante ed animali!?!

Ma torniamo a Galileo e alle sue opere senza ulteriori digressioni... e a quelli che forse sarebbero diventati i suoi principali oppositori e persecutori, i Gesuiti. Tra questi vi fu "il Mostro", padre Niccolò Riccardi, forse combattuto tra il dovere e il rispetto per una grande mente...

Ma anche Galileo sbagliava, come é normale per gli uomini, ma aveva anche la capacità di riconoscere la "sua umanità". Spesso diceva "questa è una di quelle tante e tante cose ch'io non so" oppure "questa é una di quelle tante cose che so di non sapere".

I suoi studi occupavano tutto il suo tempo, anche perché non doveva più dedicarsi a i suoi studenti... anche se ne ebbe sempre intorno!
La sua mente era sempre in fervore, e su problemi i più diversi.

"Nel 1626 scriveva al Marsili: "Io sono da tre mesi in qua sopra un maneggio ammirabile, che é di multiplicar con artificio estremamente la virtù della Calamita di sostenere il ferro: già sono arrivato a fare che un pezzetto di sei once, che per sua forza naturale non sostiene più di un'oncia di ferro, ne sostiene con arte once 150, e spero di avere a passare ancora a maggior quantità..."

Esperimenti sull'elettromagnetismo? Parrebbe di si!

E quante lettere tra lui e i grandi del tempo, Keplero, Tommaso Campanella... sulle maree e sugli effetti del movimento della Terra o della Luna!

Nel Dialogo dei Massimi Sistemi Galileo dice: "Però, se a niuno toccò mai in eccesso differenziarsi nell'intelletto sopra gli altri uomini, Tolomeo e 'l Copernico furono quelli...ch'io stimo i maggiori ingegni che in simili speculazioni ci abbian lasciato loro opere". Era sincero fino in fondo? Oppure vi fu portato dalla prudenza?
Tutta l'opera, scritta in forma di dialogo tra tre personaggi, aveva il solo scopo di "rimettere la Terra nel cielo". I personaggi rappresentano Galileo e i suoi nemici e nell'arco temporale di quattro giornate discutono delle teorie Copernicana e Tolemaica, cercando di mostrare l'importanza del metodo scientifico, la necessità di sperimentare, osservare, riprodurre...
A questo forse dobbiamo anche il ritardo di secoli negli esperimenti sulle onde radio, forse già ipotizzate o scoperte...

"Curioso é l'esempio che reca a un certo punto l'arguto veneziano della necessità di sicure dimostrazioni; curioso perché parla di un tale che sarebbe stato un precursore, nientemeno, del telefono e della radio.
Voi mi fate sovvenire di uno che mi voleva vendere un segreto di poter parlare, per via di certa simpatia di aghi calamitati, a uno che fusse stato lontano due o tremila miglia [..] io lo licenziai..."


Che dire...

Era un tempo di grandi uomini, di grandi studiosi, di grandi rivolgimenti... tutti nuovi o alcuni riemersi dal passato?
Chissà cosa voleva dire il Castelli quando parlando dell'emisfero sud del globo terrestre dovessero trovarsi "vaste provincie di continenti e terre"?

Seguiva forse l'esempio del grande Galileo Galilei, autore di grandi opere che meritarono le parole

"Non est factum tale opus in universa Terra"?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
Archeologia, preistoria e storia, suddivisioni artificiose del tempo... l'unico testimone dell'evoluzione dell'Uomo...
Egitto... Roma... Sardegna...
Etruschi... Babilonesi... Assiri... Hyksos... Shardana... popoli del mare... Maya... Aztechi... Cinesi...
Vogliamo parlare di questi popoli e di altri... cercare di evidenziare similitudini e differenze... proveremo a studiare, assieme a chi ne ha voglia, popoli dimenticati... senza preconcetti!
Cercheremo di ripercorrere la storia di questi popoli con l'aiuto di storici antichi e moderni... ma non solo...
Cercheremo di andare oltre una disciplina scolastica leggendo testi antichi alla ricerca di radici ancora poco chiare...
Cercheremo di capire se è vero che l'uomo si è evoluto così come abbiamo studiato, linearmente, oppure se è possibile che le cose siano andate diversamente... come sostenne Platone!

Zibaldone...

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