mercoledì 30 dicembre 2009

Plutarco e il mito

Precedenti:

Iside e Osiride... di PLUTARCO

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Sono sempre più incerto se proseguire, solitario, la lettura dei testi antichi... mi sembra che ogni volta che arrivo a quella che consideravo una meta mi rendo conto di esseresemplicemente arrivato ad un nuovo inizio... ogni testo che leggo nella speranza di capire meglio ciò che gli antichi pensavano mi fa precipitare più in basso nella voragine dell'ignoranza! Forse la mia è una ricerca senza fine e in quanto tale deve essere interrotta?

"Perché questi dubbi, Alessandro?"

Chi?!? Plutarco, sei tu? Perdonami, non ti avevo riconosciuto...

"Figurati... almeno tu mi conosci, ormai nessuno si ricorda di me! Eppure credevo di aver raggiunto una certa notorietà!"

Ora sono io a doverti chiedere: perché questi dubbi?

"Si, forse hai ragione, lasciamo perdere i dubbi, che ne dici? Parliamo invece di miti se ti va! O per meglio dire ti dirò cosa penso ci sia dietro il mito,perchè l'uomo crea i miti, quale sia la loro funzione nella società."

Dimmi, ti ascolto...

"Credi possibile che ciò che viene raccontato sugli Dei da tutte le popolazioni del mondo, si sia realmente verificato?"

Non saprei... forse in alcuni casi ci si può credere, ma più in generale credo che i miti servano a trovare giustificazioni per fenomeni inspiegabili... o più semplicemente per tener buona la gente...

"E' impossibile credere, come sostengono alcuni, che i miti raccontati dai sacerdoti siano basati su avvenimenti reali. Mi spiego meglio, secondo me dietro la nascita dei miti é racchiuso il tentativo di spiegare i propri dubbi, le proprie esperienze, quei fenomeni che non si capiscono, come dicevi giustamente tu!
Per noi mortali il mito non é altro che il riflesso di una realtà trascendente, che obbliga la nostra intelligenza a rivolgersi verso altri oggetti..."

Perché ciò? Perché non riusciamo a capire ciò che ci circonda? Perché l'universo é così complesso? O siamo forse noi troppo stupidi per capire?

"Alessandro, mi chiedi troppo, ma ciò significa che sei sulla buona strada! Poniti domande e cerca risposte... se sei costante nella ricerca e, devo dire, anche unpò fortunato, le tue ricerche ti condurranno alla meta.
Mi auguro di esserti stato d'aiuto, ma ora ti devo lasciare..."

Grazie Plutarco, grazie per le tue parole e a presto dunque, torna quando vuoi!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 27 dicembre 2009

Curiosità dai "racconti meravigliosi" di Aristotele

Uno dei libri letti durante questo Natale é del filosofo Aristotele... almeno così qualcuno dice, altri attribuiscono questa raccolta di curiosità a vari autori in tempi diversi. Poco importa... avendo già incontrato il titolo durante mie precedenti letture ho deciso di acquistare il libro e di leggerlo! Cosa che ho fatto la sera stessa...
Ero sicuro che ci avrei trovato alcune curiosità sulla Sardegna e altre sulle colonne d'Ercole e così é stato...

Si tratta di brevi appunti su stranezze del mondo che fu...

Di solito cominciano con "Dicono che..." oppure "Si racconta...", seguito da una breve descrizione del fatto e talvolta da un tentativo di spiegazione. Stranezze, stravaganze, credenze popolari... e, chissà, forse anche qualcosa di vero?!?

"Raccontano che in Egitto i trochili volino fin dentro le fauci dei coccodrilli e ne puliscano i denti, estraendo con il becco le carni che si sono conficcate loro all'interno della bocca; i coccodrilli ne traggono giovamento e non fanno ad essi del male."
Come negare la veridicità di questo racconto? Per chiunque abbia visto un documentario sui coccodrilli non v'é alcun dubbio sulla veridicità del fatto!

Ma arriviamo alle Colonne d'Ercole, para. 37, quando si parla dei fuochi spontanei, Aristotele ci riporta:
"Si narra che anche al di là delle Colonne d'Ercole vi siano luoghi infuocati; alcuni ardono in continuazione, altri solo di notte, come scrive Annone nel Periplo. E il fuoco di Lipari non risulta visibile e risplendente di giorno, ma solo di notte. Anche a Pitecusa dicono ci sia materia infuocata ed estremamente calda ma non ardente."
Dunque, Annone ci parla di Colonne d'Ercole in un testo chiamato Periplo... se chi ha scritto il testo é realmente Aristotele (384-322 a.C.)probabilmente parla di Annone il navigatore Cartaginese (630-530 a.C.), di lui ce ne da notizia Arriano nel suo libro Anabasi. Interessante... e da approfondire!

Andiamo avanti con le curiosità...Para 55: "Nello stretto che separa l'Italia dalla Sicilia le acque aumentano e calano insieme con le fasi lunari", chissà se gli studiosi del fenomeno delle maree del XVI e XVII secolo avevano avuto tra le mani il testo di Aristotele!

Ma proseguiamo senza sosta...al para 81 Aristotele ci dice che nelle isole Elettridi, che si trovano all'interno dell'Adriatico, furono innalzate due statue, una in stagno e una in bronzo, costruite secondo una tecnica arcaica... "secondo antiche tradizioni", forse opera di Dedalo. tali isole sarebbero state formate dai detriti del fiumeEridano ... ovvero il Po?!? Sembrava inoltre che nei pressi vi fosse una palude di acqua calda e puzzolente, in quanto secondo gli abitanti del luogo vi cadde Fetonte colpito dal fulmine! Curioso...

Ancora sulle Colonne d'Ercole, al para 84 si dice che i Cartaginesi abbiano scoperto un'isola deserta, oltre le Colonne d'Ercole,completamente ricoperta di foreste e dotata di fiumi navigabili, splendida anche per varietà di frutti. L'isola distava diversi giorni di navigazione e i Cartaginesi vi si recavano spesso e cercarono di tenerne nascosta l'ubicazione! Chissà di quale isola si trattava... la stessa indicata da Annone? Chissà...

Eracle... sempre lui! Sembra che attraversò l'Italia diretto nel territorio dei Celti ma anche in Iberia, dove Ercole condusse una guerra di conquista! In effetti, a ben guardare, il Mediterraneo é pieno di toponimi che lasciano pensare al passaggio di Eracle...

E della Sibilla, che dire? A Cuma sembra esistesse un antro sotterraneo in cui abitava la Sibilla, originaria di Eritre, chiamata dagli Italiani Cumana, da altri Melancrera.

Al para. 100 ecco che finalmente si parla della Sardegna... Aristotele ci dice che pare che sull'isola vi siano degli edifici costruiti secondo l'antico uso greco... Si narrava che fossero stati edificati daIolao, figlio di Ificle, mentre alla testa dei figli di Eracle vi andò per fondarvi delle colonie. L'isola era chiamata Icnussa a causa della sua forma, simile a quella di un piede umano... L'isola di Sardegna era molto fertile, ma da quando passò sotto il dominio dei Cartaginesi non lo era più... secondo il racconto i Cartaginesi tagliarono tutti i frutti utili per l'alimentazione e decretarono la pena di morte per gli abitanti del luogo che intendessero praticare la coltivazione! Perché mai? Che senso ha una tale decisione? Era forse una questione strategica?

E che dire dei Fenici? Aristotele ci parla anche di questo popolo... secondo il racconto i Fenici presero il nome da un termine della lingua deiPerrebi che significa "spargere sangue" cioè "phoinixai "... Tale popolo abitava in Siria, lungo i litorali e dovunque si recasse aveva la cattiva abitudine di sterminare tutti! Cosa c'é divero? Ciò che é testimoniato anche da altri é la crudeltà di alcuni riti Fenici...

Ancora Eracle... sembra che nella città di Ipate (?) nella regione Eniaca, venne trovata un'antica stele con una iscrizione in lingua arcaica... La stele venne inviata a Tebe perché fosse decifrata in quanto presso il tempio sembrava vi fossero delle dediche antiche con la stessa scrittura. La traduzione diceva che Ercole dedicò il tempio alla splendida dea diCitera, quando portò le greggi di Gerione ed Eritea. Eritea gli generò un figlio che chiamò Erithon. Ercole in cambio le donò il terreno sotto l'ombrosa quercia... Interessante... ma dove si trova Ipate?

E per finire alcune curiosità sui Fenici, fondatori della città di Utica di 287 anni più vecchia di Cartagine, che arrivarono fino aTartesso , dove portarono olio ricevendo in cambio tanto argento da costruirsi anche le ancore delle navi di quel prezioso metallo! Sempre i Fenici abitavanoGades, città nei pressi delle Colonne d'Ercole...

Aristotele... che cose mirabili ci hai tramandato!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 25 dicembre 2009

Alessandro Magno... secondo Nezami

Nezami, poeta mistico persiano del XII secolo, scrisse diverse opere sulla figura di Alessandro Magno.
Ecco alcune frasi che mi hanno colpito, tratte dal suo "Libro della Fortuna di Alessandro"... libro che vale la pena di leggere per intero!

Sul valore del Saggio e della virtù.

"...il giorno che Alessandro s'assise sul trono dall'alto di quel suo nobile scranno fu così proclamato: Solo il saggio ha valore presso di noi. Nessuno deve cercare di prevalere sul prossimo, se non sulla via dell'incoraggiamento alla virtù. Per quanto elevato sia il rango di chicchessia, quello del virtuoso sempre lo supera..."

Maria la Copta e la Pietra Filosofale.
"Quando il saggio visir comprese che senza denari non si diventa principi, a quel suo amatissimo gioiello concesse un dorato elisir, grazie a cui la rese una perfetta alchimista, e fu invirtù di quella pietra che Maria poté tornare sovrana e guadagnarsi il titolo di alchimista..."

Sulla superiorità di Platone verso Aristotele.
Aristotele riusciva a svettare su tutti... diceva di essere il sostegno dei sapienti in quanto non aveva bisogno della scienza altrui. "Io ho messo incircolazione la moneta della sapienza , nella quale su tutti vanto il primato. La tal scienza di sicuro l'ho inventata io, quel tale usa l'argomento che ha sentito da me! E non dico menzogne in questa disputa,ché a ragione io possa vantare il mio prestigio!". Platone se la ebbe a male ma non lo diede a vedere... si ritirò a studiare il cielo alla ricerca delle tracce "della sublime armonia delle sette cupole dell'universo. Colui che sa udire l'armonia di quelle alte sfere che ammaliano il cuore, ha la voce raddolcita - per una segreta risonanza - da quella di ciascuna celeste cupola..." Fattosta che Platone "avendo preso posto nella botte celeste per seguire il moto della Ruota e degli Astri, riportò quaggiù un esemplare delle sublimi armonie che aveva colà udito..."
Aristotele, saputo cosa Platone aveva fatto, preso da invidia si ritirò a sua volta a meditare e quando pensò di aver raggiunto gli stessi risultati mostrò a tutti ciò che aveva ottenuto... ma si accorse di non riuscire a raggiungere Platone e "Infine sfibrato dalla mancata riuscita, comprese che non avrebbe dovutoallontanarsi dal suo vecchio maestro Platone".
Platone spiegò lui tutti i suoi segreti e "rinnovò la fedeltà al magistero del maestro e per lui mostrò considerazione oltre ogni limite."

Sulle miserie della ricchezza!
"O tu, sappi che con l'accumulazione di beni su beni la testa accumula soltanto capogiri, perciò se hai bisogno di usar la testa, gira al largo da simili miserie!"

Sulla superiorità di Socrate verso Alessandro Magno.
Socrate spiegò di avere un servo, chiamato "Passione" che riceveva ordini dal suo cuore. "Tu invece [Alessandro] sei colui che a codesto servo é servo, tu sei ubbidiente a colui che mi ubbidisce!"

Questi e altri argomenti furono trattati da Nezami... e meritano ancora oggi di essere letti, studiati e capiti!
A voi ripercorrerne la strada, e magari saremo compagni di viaggio!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 20 dicembre 2009

Elementi di Euclide... di Niccolò Tartaglia

Cari amici,
oggi voglio farvi partecipi della mia nuova impresa, inizio la lettura di Euclide (detto da alcuni Megarense, da altri d'Alessandria), conosciuto principalmente come l'autore degli Elementi.
L'approccio é stato il solito, dopo aver deciso di leggere il testo mi sono recato in libreria per acquistarlo, per scoprire che come al solito non esiste una versione recente e magari economica, ma solo una versione da 90 euro e che é pure molto difficile da reperire...
Ecco dunque che come già fatto in precedenza mi rivolgo ad internet, così mi scarico diverse versioni, in italiano ed inglese.
La versione in italiano mi colpisce subito perchè si tratta della versione di un grande matematico, Niccolò Tartaglia (Nicolo Tartalea Brisciano) pubblicata a Venezia nel 1565.

Ecco dunque il preambolo...
E se vorrete seguirmi in questa impresa, di tanto in tanto lascerò qualche commento, e inizio subito:

"Sicut aurum probatur ingni, & ingenium Mathematicis: cioè che si come la bontà de l'oro uien conosciuta, & approbata con il fuoco, così l'ingegno dell'huomo uien conosciuto & approvato con le Discipline Mathematice."

...ed io concordo appieno!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 19 dicembre 2009

Iside e Osiride... di Plutarco

Plutarco nacque a Cheronea, in Grecia, nel 47 d.C. e morì presumibilmente nel 127 d.C.
E considerato uno dei più grandi scrittori del tempo e la sua produzione é veramente immensa.
Mi sono appena avvicinato alle sue opere e per iniziare ho deciso di leggere il testo in cui Plutarco ci racconta la religione Egizia: Iside e Osiride.

Come ho fatto altre volte cercherò di intervistare direttamente l'autore, abbiamo appuntamento per oggi e dovrebbe essere qua da un momento all'altro...

Buon Giorno Maestro, ben arrivato nella mia casa...

"Buon giorno a te, Alessandro... come mi hai trovato?"

Mi sono lasciato guidare, come faccio sempre, da Curiosità, maestro... così mi sono imbattuto in una sua opera relativa alla giustizia divina e da li ho poi intrapreso la strada della ricerca...

"Bravo Alessandro, asseconda le tue curiosità, é il modo migliore per raggiungere la conoscenza... ma dimmi, perché mi hai cercato? Ti serve qualche chiarimento sulle mie opere o sul mio pensiero?"

Si Maestro, Iside e Osiride é l'argomento che vorrei trattare, mi può aiutare?

"Mmh... si, ti posso aiutare... ma non so se potrò dirti tutto ciò che desideri. Cercherò di essere chiaro ma é un argomento difficile anche per me... come lo é stato per i mieipredecessori! Ma in ogni caso cercherò di essere il più chiaro possibile!"

Bene Maestro, grazie... allora la mia prima domanda é la più semplice, chi era Iside?

"Questa sarebbe una domanda semplice?!? Alessandro, il tuo concetto di semplice é molto differente dal mio... per me questa é un domanda difficile!
Iside é per tutti semplicemente la moglie di Osiride... colei che andò alla ricerca dei pezzi del marito, sparpagliati per il mondo dal suo nemico Tifone... ma queste sono solo favolette per il popolo che non é in grado di capire concetti difficili. Iside é un nome greco che fa riferimento alla sapienza e al desiderio di conoscenza per alludere alla sua natura di movimento animato eintelligente. Noi greci facciamo derivare la parola Iside dall'unione di scienza e movimento! In quanto alla favoletta di Tifone che avrebbe fatto a pezzi il marito, ci devi leggere che Tifone, nemico di Iside in quanto gonfio di inganni e di ignoranza straccia e cancella le sacre scritture, Iside le ricerca, ne ricompone i pezzi e le trasmette agli iniziati che possono capire e trasmettere..."

Ora capisco perché mi hai detto che la mia domanda non era per niente semplice... non avrei mai immaginato!

"Non ti preoccupare, é normale... la strada da percorrere verso la conoscenza é lunga... potrei dire infinitamente lunga. Solo pochi sono in grado di trovarne l'ingresso, ancora meno sono in grado di percorrerne una parte, credo che nessuno sia mai arrivato alla fine!
Ma ora devo andare..."

Ti ringrazio, Maestro... e se non chiedo troppo vorrei poterti rivedere, sono sicuro che avrò altre domande da porti sullo stesso argomento... se non disturbo troppo!

"Figurati Alessandro, é un piacere, chiamami quando vuoi..."

Allora a presto...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 12 dicembre 2009

Alla ricerca della prisca sapientia...

Aggiungo un tassello alle mie conoscenze e, spero, anche a quelle di chi legge...

Mentre leggo la biografia di Isaac Newton (by Michael White) mi accorgo che lui, come me, passò la vita alla ricerca di qualcosa di antico, di sfuggevole e misterioso, definito da White "prisca sapientia" ovvero la sapienza degli antichi.

Sono sempre stato convinto del fatto che l'umanità abbia acquisito e poi perduto chissà a seguito di quale rivolgimento, la sapienza, la conoscenza... forse anche scientifica, ma non avevo mai letto delle parole così chiare in precedenza.

White dice:
"Insieme a molti altri intellettuali prima di lui, Newton credeva che un tempo l'umanità avesse posseduto questa sintesi - la leggendaria prisca sapientia [..] La raison d'etre di Newton era proprio quella di riscoprire questa struttura della natura"...

Newton... una vita passata sui testi antichi per fondare (o riportare alla luce) la scienza moderna!?!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 21 novembre 2009

Ciropedia... sull'assistenza ai malati

Precedenti:

Ciropedia, ovvero "Sulla educazione di Ciro", di Senofonte

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Alcune volte si pensa che solo oggi la civiltà umana é riuscita a creare delle istituzioni volte a proteggere i più deboli... penso alla Sanità e alle pensioni. Ma siamo sicuri che sia cosi?
Ancora una volta voglio provare a intervistare un amico, un Maestro che dal passato di tanto in tanto mi viene a trovare dopo che io per primo gli ho aperto la porta.
Parlo di Senofonte...

"Eccomi, sono già qua, ti aspettavo..."

Come sapevi... perdonami, domanda stupida!

"Non preoccuparti Alessandro, chiedi ciò che vuoi, non esistono domande stupide ma solo stupide risposte!"

Grazie Maestro...

"Senofonte!"

Certo, Senofonte... pensavo alle conquiste dei nostri tempi nei campi dell'assistenza ai malati, pensavo che forse ai tuoi tempi le cose erano diverse, molto più difficili...

"Si, la vita era molto più complicata... e allo stesso tempo molto più semplice. Ma rispetto alla tua idea che voi "moderni" abbiate inventato l'assistenza ai più deboli, beh... devo dire che non é proprio così! Ancora una volta ti parlerò di Ciro e della sua saggezza elungimiranza.
Devi sapere che Ciro osservava il suo popolo, i suoi amici e le loro esigenze, sempre alla ricerca del modo migliore per fare loro del bene, che poi corrisponde al fare del bene a se stessiperché se si fa del bene agli amici si riceve in cambio rispetto e aiuto in caso di necessità..."

Certo...

"e così gli ci volle poco a capire che la maggior parte degli uomini pensa a vivere bene la propria vita senza pensare al fatto che occorre mettere da parte qualcosa per i periodi di malattia e di difficoltà. Ciro, resosi conto di questo, decise di impiegare la sua forza e i suoi beni, ma soprattutto il suo acume e lalungimiranza, per tentare di risolvere questo problema."

Stai dicendo che creò una struttura diretta a garantire la salute?

"Si, forse non come la intendete oggi voi, ma sicuramente utile ed efficace!
Ciro radunò intorno a se i migliori medici, grazie alla paga che era in grado di garantire e si procurò ogni cosa potesse essere utile, strumenti, medicine, pozioni... tutto ciò era accentrato nella reggia e lui cercava di usare quanto aveva per curare gli amici e coloro che potevano essere utili allo Stato...
Certo, non tutti potevano accedere alla Sanità creata da Ciro, ma in molti ne usufruirono!"

Come al solito, mi rendo conto della mia ignoranza solo quando scruto nel passato... difficilmente il presente me ne da occasione!
Senofonte, a nome mio e dei miei amici grazie, per averci aperto gli occhi!

"Figurati, é un piacere parlare con te... torna presto a trovarmi, abbiamo tante cose di cui discutere ancora!"

Non tarderò, te lo prometto...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 14 novembre 2009

Ciropedia, ovvero "Sulla educazione di Ciro", di Senofonte

Senofonte, storico, politico e militare greco vissuto tra il 430 e il 355 a.C. (il circa é però d'obbligo!) ci farà da guida nel mondo dei persiani del VII e VI secolo a.C.
In uno dei suoi numerosi trattati ci parla infatti della educazione e delle imprese di Ciro, figlio di Cambise (re dei persiani del VI sec. a.C.) e di Mandane (figlia di Astiage, re dei Medi).

"Senofonte, posso avere il piacere di parlare con te sulla natura umana e in particolare su Ciro?"

Alessandro, ben trovato... ti aspettavo! Mi chiedevo infatti quando saresti arrivato a me attraverso i miei scritti. So che hai già conosciuto Erodoto, Platone, Socrate, che conobbi anche io...

"Perdonami Maestro, cerco di dedicare tutto il tempo libero ai miei studi... ma il mio maestro è 'Tempo' e la mia guida é 'Curiosità'... per cui non sempre arrivo dove dovrei e nel tempo previsto...!"

Figurati... io e i miei amici ti conosciamo da tanto tempo ormai, non devi giustificarti.

"Grazie Maestro... posso chiederti per iniziare di parlarmi della natura umana e dell'attitudine o meno all'ubbidienza?"

Sai Alessandro, in primo luogo smetti di chiamarmi Maestro, io non lo sono... e poi altrimenti mi costringi a cercare un appellativo anche per te!
Veniamo alla domanda che mi hai fatto. So bene che hai appena finito di leggere il mio scritto "Sull'Educazione di Ciro" per cui ti risponderò volentieri, convinto come sono che discutere sopra ciò che si é letto fa bene e aiuta a capire meglio... Come ben sai tutti coloro che chiamiamo "pastori" possono essere considerati dei capi, i bovari per i buoi, ipalafrenieri per i cavalli e così via. Ebbene, il mio libro su Ciro nasce proprio mentre discutevo e riflettevo sul fatto che gli animali sono sempre ben disposte ad obbedire al loro pastore, molto più di quanto gli uomini non siano disposti ad obbedire ai propri capi. Anzi sembrava proprio che gli uomini cospirino soprattutto contro chi aspiri a diventare loro capo. Eccoperché asserisco che la natura umana é tale per cui ad un uomo riesce più facile comandare su tutti gli animali che non sui suoi simili! E' chiaro che questa é una regola generale e prova ne é, ed io la chiamo a testimone 'Storia'! E sempre 'Storia' chiamo a testimone per raccontarci di una eccezione, un uomo che riuscì non solo a comandare con correttezza i popoli sottomessi ma a far si che molti fossero coloro che preferivano avere lui come capo che 'Libertà'!

"Tu parli di Ciro, Senofonte, é corretto?"

Si Alessandro, parlo di Ciro, figlio e nipote di re, e re a sua volta...
Ciro fu capace di governare su tutti i popoli dell'Asia e ciò avvenne, secondo me, per le sue doti naturali ma anche grazie all'educazione che ricevette. Ciro infatti fu educato secondo le leggi della Persia in quantopersiano ma ricevette anche gli insegnamenti dei Medi, grazie a suo nonno Astiage . Ciro fu educato secondo le leggi persiane, leggi che dato il loro carattere preventivo si preoccupano che i cittadini sin dall'inizio della loro formazione siano incapaci di desiderare di compiere azioni malvagie odisonorevoli. Almeno così era ai tempi di Ciro, già quando vissi io le cose erano purtroppo molto diverse, ma questa é un'altra storia!
Devi sapere, Alessandro, che in quei tempi il popolo di Persia era diviso in quattro classi sulla base dell'età e della preparazione. Vi erano i fanciulli, gli efebi, gli adulti e gli anziani... ogni classe aveva i suoi compiti da svolgere e tutti crescevano forti e saggi. A dir la verità, non tutti... perché non tutti potevano studiare, la vita era difficile e per vivere occorreva lavorare. Ma anche oggi é così, mi sembra almeno!

"Si Senofonte, anche oggi é così..."

Capisco...
I giovani venivano educati a rispettare gli anziani, a combattere, ad allontanare l'ingratitudine dal loro cuore. Pensa che chi era in grado di ricambiare un favore e non lo faceva, veniva punito. Questo perché l'ingratitudine era considerata alla base della trascuratezza verso gli Dei, i genitori, la Patria e gli amici!
La caccia era alla base della preparazione fisica e della guerra e doveva essere esercitata tanto dal re che da tutti gli efebi. La caccia serviva a temprare il fisico e gli animi.
Anche sul mangiare i persiani erano moderati, essi mangiavano solo dopo aver fatto attività fisica e si nutrivano per vivere e non per provare piacere. Da questo punto di vista erano esattamente l'opposto dei Medi diAstiage...

"Quindi Ciro fu educato secondo questi principi... ma chi fu il suo educatore?"

Ciro Era figlio di Re e nipote di Re... i suoi educatori furono tanti, alcuni se li procurava lui stesso, ma i migliori educatori furono i suoi genitori e il nonno.
Il padre Cambise fu il suo insegnante di strategia... almeno dal momento in cui si rese conto che l'insegnante che il giovane Ciro pagava non era ungranché! Un giorno Ciro chiese al padre dei soldi per pagare gli insegnamenti di strategia che aveva ricevuto e il padre saggiamente lo interrogò più o meno in questi termini: "Figliolo, l'uomo al quale paghi l'onorario in materia di strategia ti ha dato qualcheinfarinatura di economia? Ti ha parlato di salute e di forza? Ti ha spiegato come infondere coraggio nelle truppe? Ti ha parlato dell'obbedienza e di come ottenerla dagli uomini?"
Ciro rispose che queste cose non gli erano state spiegate e disse che gli era stata spiegata solo la tattica.
Il padre allora chiese: "Dimmi, a cosa serve la tattica se non ci sono provvigioni, se non c'é la salute, se non si conoscono gli stratagemmi per condurre la guerra... Quanto può valere la tattica se non c'é l'obbedienza?"

"Sembra proprio che Cambise fosse un uomo molto saggio... un vero Re!"

Si, doveva esserlo, e suo figlio sarebbe diventato molto più grande, forse perché ascoltò i suoi insegnamenti! Cambise spiegò al figlio che occorre sempre prevenire le malattie con una vita corretta e con il movimento per evitare che le truppe si ammalino, gli spiegò che un capo deve preservare la sua credibilità astenendosi sempre dal parlare di cose che non si conoscono o non sono sicure e che infine occorre sempre incentivare l'obbedienza conriconoscimenti, lodi e onori e punire la disobbedienza con disonore e biasimo! E ancora gli spiegò che l'obbedienza può ottenersi con la forza ma che é molto meglio ottenerla spontaneamente...

"gli uomini infatti obbediscono molto più volentieri a chi appaia più accorto di loro quando si tratta dei loro stessi interessi... dunque per ottenere obbedienza occorre apparire più saggio di chi deve obbedire e il modo migliore per apparire più saggio degli altri é esserlo!"

Queste furono le parole di Cambise al figlio Ciro...

"Grazie Senofonte... grazie per ciò che hai voluto raccontare... grazie per i tuoi insegnamenti, Maestro! E se me lo permettete voglio ringraziare anche 'Tempo' e 'Storia' per il loro intervento a mio favore. Ora devo andare Senofonte, ma tornerò presto a trovarti ora che conosco la strada."

Grazie a te Alessandro per avermi dato la parola e ti aspetto... non tardare troppo però, ho ancora tante cose da raccontare!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 1 novembre 2009

L'enigma della lingua Etrusca... prime curiosità!

Precedenti:

Necropoli di Cerveteri

Mostra "Gli Etruschi e la Sardegna"

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Ieri ho iniziato a leggere un libro comprato l'anno scorso durante la visita ad una mostra sugli Etruschi, mostra che si teneva in Sardegna... Sardi ed Etruschi accomunati dal mistero del loro passato!

Il libro ci parla della lingua Etrusca e dei testi sopravvissuti al tempo. Spesso si tratta di testi funerari e le parole usate sono quasi sempre le stesse... ma meglio che niente!
Dall'Egitto arriva il cosiddetto "libro di Zagabria"... un rotolo di lino scritto in Etrusco usato per avvolgere una mummia di una donna Egizia risalente ad un periodo tra il I° secolo a.C. e il I secolo d. C., ora custodita a Zagabria.
Alcuni testi bilingue aiutano la traduzione... uno di questi é conosciuto col nome di "lamina di Pyrgi" e vi si può leggere una iscrizione in Etrusco e Fenicio.
Da una tavoletta per la scrittura, detta Marsiliana d'Albegna, sappiamo che l'alfabeto Etrusco aveva 26 lettere...
Generalmente i testi si scrivevano (e leggevano) da destra a sinistra, anche se vi sono delle eccezioni!
Sembra che nell'Isola di Lemno vi fosse un gruppo che usava una lingua molto simile all'Etrusco. Esistono anche delle testimonianze antiche che fanno risalire gli Etruschi ad una popolazione proveniente dall'area greco/turca... ne parlarono Erodoto, che li chiamava Tirreni, Tucidide eDionigi di Alicarnasso che ci riferisce di una leggenda che vede gli Etruschi partire da Lemno per arrivare prima a Crotone, ora Cortona, per poi occupare buona parte della penisola... secondo i racconti riportati da vari storici che lo precedettero gli Etruschi o Tirreni sarebbero quelli che i greci conoscono come Pelasgi. Dionigi di Alicarnasso però non condivide questa teoria e afferma che gli Etruschi o Tusci, così chiamati dai Romani, si davano il nome di "Rasenna", da uno dei loro capi.
Potrei continuare citando altre curiosità sia sulla lingua che sulla storia ma per ora é tutto!
Alla prossima.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 28 ottobre 2009

I "Fenici" non sono mai esistiti... Abstract

Precedenti:

I “Fenici” non sono mai esistiti...

Kircandesossardos di Mikkelj Tzoroddu

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Voglio tornare ancora una volta sull'argomento dei Fenici perché la cosa mi appassiona...
Lo farò semplicemente pubblicando la sintesi dell'intervento di Mjkkeli al prossimo Convegno.
Credo che in parte chiarisca il suo pensiero sui Fenici.
Chi vorrà approfondire lo potrà fare partecipando al Convegno o, fra qualche tempo, leggendo gli atti del Convegno stesso.
Ma ora lascio la parola all'amico e studioso Mjkkeli.

"...E’ l’estratto di un lavoro che porta nulla di nuovo nel panorama storico che accomuna gli accadimenti che presero vita fra il II ed il I millennio a.C. Infatti, tutto ciò che è qui evidenziato, da sempre trovasi presente nei testi adibiti allo studio, ma gli esploratori del passato hanno un limitato interesse: propugnare le loro acquisizioni portandovi col tempo piccole modifiche, senza mettere in discussione quanto propugnato dalla propria scuola. I lettori, indifesi, tendono a dare il più grande credito agli scritti a motivo dell’alto pulpito che li genera, senza mai immaginare quanta insicurezza alberghi nel sapere dei più alti.

Qui si decide di attivare una ricerca che ripercorre gli ultimi ottanta anni, onde valutare quanto vi sia di accettabile sul piano dei principi rigorosamente logici. Si tratta di una autopsia, pressante ed impietosa, di testi ritenuti più significativi, che evidenzia incongruenze, inesattezze, errate deduzioni, paradossali determinazioni degli autori, scoprendosi un modello di scientifico incedere, decisamente fuori dalle regole.

Essenziale motivo della dimostrazione trovasi nella dottrina dispensata dal più grande studioso italiano della materia, Sabatino Moscati. Proprio quando egli decide di tacitare i suoi dubbi reconditi ed il numero sempre crescente di voci avverse, con un testo che tende proprio a dimostrare chi fossero i Fenici, produce il naufragio delle sue posizioni sulla esistenza di un popolo fenicio e di una nazione fenicia."

Ora, detto questo, a voi tutti é data la possibilità di approfondire...

Ricordate, il V Convegno ICHNUSA si terrà il prossimo 1° novembre alle ore 15,30 a Decimomannu (CA) in via A. Moro (snc), nella sede dell’Associazione Athenaeum.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 25 ottobre 2009

Sicilia: 11 gennaio 1693

Questa data non portò fortuna alla Sicilia!

Un terremoto di enorme potenza distrusse città e paesi della regione, tra queste Siracusa, Augusta e Messina.
Solo due giorni prima un altro terremoto aveva sconquassato la val di Noto e il paese era stato distrutto e ricostruito poi in una posizione differente.

Santi Correnti nel suo libro "Storia di Sicilia" ci dice che Catania aveva a quei tempi circa ventisettemila abitanti, di questi diciottomila morirono!

Ad Acireale un canto popolare conserva il ricordo di ciò che accadde in quei tempi lontani...

"All'ùnnici jnnaru e non ni stornu
pp'aviri offisu a Diu tantu supernu
'n tempo 'n mumentu, si vitti 'ntro 'n gnornu,
Morti, giudiziu, Paradisu e 'Nfernu.
L'ùnnici jnnaru a vintun'ura
a Jaci senza sonu s'abballava!
Cu' sutta petri, cu' sutta li mura,
e cu' misericordia chiamava!
Santa Vénnira, nostra prutittura,
sutta di lu sò mantu ni sarvava."

Auguriamoci di non vivere mai una cosa del genere e studiamo la storia per evitare errori già fatti da altri!

Anche Messina venne danneggiata durante il terremoto, ricostruita riprese per un certo periodo la sua floridità ma solo novanta anni dopo (1783) un nuovo terremoto la distrusse nuovamente...

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 23 ottobre 2009

I “Fenici” non sono mai esistiti...

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Kircandesossardos di Mikkelj Tzoroddu

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Cari amici e lettori, oggi non voglio parlarvi di ciò che ho letto nelle ultime ore o della mia ultima visita ma intendo approfittare di questo spazio per presentarvi un amico e studioso, Mikkelj Zoroddu.
I più attenti e appassionati di storia avranno già letto il precedente articolo, la recensione del suo libro "Kircandesossardos", cioè "alla ricerca dei Sardi"...

Ebbene, ora Mikkelj é stato invitato a parlarci dei suoi studi sulla Sardegna antica "e non solo" al V Convegno ICHNUSA che si terrà il prossimo 1° novembre alle ore 15,30 a Decimomannu (CA) in via A. Moro (snc), nella sede dell’Associazione Athenaeum.

Il convegno, dal titolo Viaggio nel passato, vedrà lo studioso Mikkelj impegnato nella discussione del tema: I “Fenici” non sono mai esistiti...

Cosa vorrà dirci con questo titolo così provocatorio?
Niente di meglio che partecipare al convegno per scoprirlo... e poi ne riparliamo!

A Mikkelj un caloroso in bocca al lupo!

E a voi tutti... buon convegno!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 10 ottobre 2009

Berosso secondo Abideno: la Torre di Babele

Precedenti:

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Ancora un piccolo brano sui testi di Berosso, tramandatoci da Abideno:

Essi dicono che i primi abitanti della Terra, gloriosi nella loro forza e grandezza e disprezzando gli dei, intrapresero la costruzione di una torre nel posto in cui oggi si trova Babilonia, la cui sommità avrebbe dovuto raggiungere il cielo. Ma quando la torre raggiunse il cielo i venti aiutarono gli dei e distrussero il lavoro sui suoi pianificatori. e delle rovine si dice che siano ancora a Babilonia. E poi gli dei introdussero tra gli uomini una diversità di lingue, che fino a quel momento avevano parlato la stessa lingua. E scoppiò una guerra tra Crono e Titano. Il luogo in cui essi costruirono la torre é ora chiamato Babilonia, a ricordo della confusione delle lingue, in quanto "confusione" é detto dagli Ebrei "Babel".

Euseb. Præpe Evan. lib. 9.—Syncel. Chron. 44.—Euseb. Chron. 13.

Prima il Diluvio, quindi la Torre, la confusione delle lingue... e quindi la guerra tra Crono e Titano.
Questo sembra l'ordine... bisognerebbe solo cercare di capire il significato!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 6 ottobre 2009

Berosso, da Abideno.

Precedenti:

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Anche Abideno (storico greco antico, scrisse probabilmente intorno al 200 a.C.) ci riporta alcune notizie di Berosso sui re Caldei e sul Diluvio, ma sentiamo cosa ci dice...

"Tutto ciò che segue riguarda la saggezza dei Caldei.

Si dice che il primo re del paese fosse Alorus, e che egli rese pubblico un rapporto con cui Dio lo aveva nominato Pastore del popolo: egli regnò dieci sari. Attualmente un "sarus" é stimato essere mille seicento anni, un "neros" seicento anni, un "sossus" sessanta anni.

Dopo di lui Alaparus regnò tre sari: gli succedette Amillarus proveniente dalla città di Pantibiblon, che regnò tredici sari, in quei tempi arrivò dal mare un secondo "Annedotus" un semi-demone molto simile nella forma ad Oannes: dopo Amillarus regnò Ammenon per dodici sari, che era della città di Pantibiblon: quindi Megalarus, della stassa città, regnò diciotto sari: quindi Daos, il Pastore, governò per un periodo di dieci sari, egli era di Pantibiblon, nel suo tempo quettro esseri dalla doppia forma arrivarono dal mare alla terra, i loro nomi erano Euedocus, Eneugamus, Eneuboulus e Anementus: in seguito, durante il tempo di Eudoreschus apparve un altro Anodaphus.

Dopo questi regnarono altri re, l'ultimo dei quali fu Sisithrus: così che in tutto furono dieci, e il periodo totale dei regni ammontò a centoventi sari. (E dopo altre cose non relative al soggetto, egli continuò con ciò che concerne il diluvio). Dopo Euedoreschus alcuni altri regnarono, e poi Sisithrus.

Ad egli il dio Crono annunziò che il quindicesimo giorno del mese di "Desius" si sarebbe verificato un diluvio di pioggia: egli gli comandò di depositare tutti gli scritti che erano in suo possesso nella città del sole di Sippara. Sisithrus, una volta obbedito a tutti i comandi, veleggiò immediatamente per l'Armenia, ispirato da Dio. Il terzo giorno dopo la fine della pioggia Sisithrus mandò fuori degli uccelli, facendo degli esperimenti, così che egli potesse giudicare se l'allagamento fosse terminato.

Ma gli uccelli volando sopra un mare sconfinato, senza trovare alcun posto in cui riposare, tornavano indietro da Sisithrus. Egli ripeté l'esperimento con altri uccelli. E quando subito dopo il terzo tentativo ebbe successo, gli uccelli che tornarono con con le zampe sporche di fango, dagli dei furono trasformati in uomini. Per quanto riguarda il vascello, che rimase in Armenia, é usanza degli abitanti costruire braccialetti ed amuleti del suo legno.—Syncel. Chron. 38.—Euseb. Præp. Evan. lib. 9.—Euseb. Chron. 5. 8.

Ma cosa potrebbero essere questi strani esseri?

E come mai si parla di durate temporali così lunghe?

Vedremo cosa ci riserva il seguito!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 4 ottobre 2009

Sui Re Caldei...

Precedenti:

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Questa é la storia che Berosso ci ha trasmesso.

Egli ci ha raccontato che il primo re fù Alorus di Babilonia, un Caldeo: egli regnò per dieci sari: e di seguito Alaparus, e Amelon che veniva da Pantibiblon: quindi Ammenon il Caldeo, nel qual tempo apparve il Musarus Oannes, l'Annedotus dal mar Eritreo. (Ma Alessandro Polistore anticipando l'evento ha detto che questi apparve nel primo anno; mentre Apollodoro diceva che questi apparve dopo quaranta sari; Abibenus, in ogni caso, fece apparire il secondo Annedotus dopo ventisei sari.).

Quindi arrivò Megalarus, dalla città di Pantibiblon, egli regnò per diciotto sari: e dopo di lui Daonus il pastore da Pantibiblon regnò per dieci sari; nel suo tempo, (egli dice) apparve ancora una volta, dal mare eritreo, un quarto Annedotus, che aveva la stessa forma di quello su descritto, la forma di un pesce mischiata con quella di un uomo.

Quindi regnò Euedorachus da Pantibiblon, per diciotto sari, ai suoi tempi apparve un altro personaggio dal mare Eritreo, simile al precedente, avente la stessa complicata forma intermedia tra un pesce e un uomo, il cui nome era Odacon. (Tutto ciò, dice Apollodoro, con particolare e circostanziato riferimento ad ogni cosa Oannes gli spiegò: al riguardo Abydenus non ha fatto menzione alcuna.).

Quindi regnò Amempsinus, un Caldeo di Laranchæ, che era l'ottavo e regnò per dieci sari. Quindi regnò Otiartes, un Caldeo di Laranchæ, egli regnò per otto sari. E dopo la morte di Otiartes, suo figlio Xisuthrus regnò diciotto sari: durante il suo tempo si verificò il grande diluvio. Così dunque, la somma di tutti i re é diecie il periodo di tempo che essi complessivamente regnarono fù di cento venti sari. —Syncel. Chron. 39.—Euseb. Chron. 5


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Simondo de Sismondi: sul concetto di Patria

Cosa si intende per Patria?
Cosa lega alla propria terra e tra loro gli appartenenti alla stessa nazione?
Secondo Simondo de Sismondi, storico di origine italiana, la Patria é qualcosa di astratto...
Ma sentiamo direttamente lui, anche se in traduzione di Luigi TOCCAGNI:

"Il sentimento che i popoli attaccano all'idea astratta di Patria, é composto dai sentimenti di riconoscenza per la protezione che accorda, d'affezione per le sue leggi e costumanze, e di partecipazione alla sua gloria."

Dunque ciò che chiamiamo "Patria" é un insieme di:
- sentimento di riconoscenza;
- affetto verso leggi e usanze;
- partecipazione alla gloria...

Pensiamo un attimo alla nostra Italia... ognuno di noi può cercare di capire quali di questi sentimenti prova e se li prova tutti.
Se la risposta é positiva allora l'Italia é la propria patria... altrimenti?!?
Riflettete gente... riflettete...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 3 ottobre 2009

Saghe e leggende Celtiche: come si deve comportare un Cavaliere.

Secondo una leggenda Celtica, Peredur era l'ultimo dei figli di una contessa e di un cavaliere. Padre e sei fratelli erano morti nei tornei e nelle guerre.

La madre cercò allora di salvarlo, tenendolo lontano da armi, guerre e tornei... ma il suo sangue era quello di un Cavaliere, come il padre e i fratelli, così furono del tutto inutili isotterfugi della madre contessa.

Quando la madre si rende conto che il figlio ha deciso di intraprendere la stessa strada del padre si arrende e gli trasmette le prime nozioni della cavalleria... e così gli parla:

"Se vuoi diventare cavaliere, va alla corte di Artù, che raduna attorno a sé i guerrieri più valorosi e più cortesi.
Ogni volta che incontrerai una chiesa recita le tue preghiere.
Se sentirai invocare soccorso, soprattutto da una donna, precipitati immediatamente.
Se avrai fame e nessuno ti offrirà spontaneamente qualcosa, prenditela da solo.
Se vedrai un ricco bottino, prendilo e distribuiscilo agli altri, in modo da assicurarti la loro amicizia. Se incontrerai una dama corteggiala; anche se ti rifiuterà, la sua stima nei tuoi confronti sarà maggiore."

Sarà pure una leggenda, ma se questa era la vita di un cavaliere, chissà cos'era la vita dei poveri contadini...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

lunedì 28 settembre 2009

Berosso, frammenti di storia Caldea: il Diluvio

Precedenti:

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Nel secondo libro si trovava la storia dei dieci re dei Caldei e i periodi di durata di ogni regno, che consiste in tutto di cento venti "sari" o quattrocentotrentadue mila anni, fino al momento del Diluvio, che per Alessandro, elencando i re secondo gli scritti Caldei, avvenne dopo il nono re, Ardates, procedendo verso il decimo chiamato da lui Xisuthrus, in questo modo:

Dopo la morte di Ardates, suo figlio Xisuthrus regnò per diciotto sari. In questo arco di tempo si verificò un grande Diluvio; la cui storia é così descritta. La Deità, Crono, apparve lui in una visione, e lo avvisò che il quindicesimo giorno del mese "Dæsius" ci sarebbe stata una inondazione, dalla quale la razza umana sarebbe stata distrutta.

Egli inoltre gli ingiunse di scrivere una storia dell'inizio, del procedere e della fine di tutte le cose; e di nasconderla nella città del Sole a Sippara; e di costruire un vascello e di portate con lui all'interno i suoi amici e parenti; e di portare a bordo ogni cosa che possa servire alla vita, assieme a tutti i diversi animali, sia uccelli che quadrupedi, e affidarsi senza paura al largo.

Chiese alla Deità: per dove devo salpare? gli venne risposto: "Per gli Dei" dopo egli offrì una preghiera per il bene dell'umanità. Egli dunque obbedì alla divina ammonizione: e costruì un vascello lungo cinque stadi, e due in ampiezza. Al suo interno mise ogni cosa che aveva preparato e alla fine fece salire sua moglie, i figli e gli amici.

Dopo che l'alluvione arrivò sulla terra, e quindi una volta che diminuì, Xisuthrus spedì fuori dal vascello degli uccelli, che, non trovando alcun cibo, né luogo in cui poggiare i piedi, tornò indietro da lui. Dopo un intervallo di alcuni giorni egli li spedì fuori una seconda volta, ed essi tornarono con le zampe sporche di fango. Egli fece un terzo esperimento con questi uccelli, ma essi non tornarono più: da ciò egli dedusse che la superficie della terra era apparsa al di sopra delle acque.

Egli quindi fece una apertura nel vascello, e dunque guardando attentamente si rese conto di essersi arenato su una montagna, dopo ciò egli uscì immediatamente con sua moglie, sua figlia e il pilota. Xisuthrus rese grazie alla terra: e avendo costruito un altare, offrì sacrifici agli dei, e, insieme a coloro che erano usciti dal vascello con lui, svanì.

Coloro che restarono all'interno del vascello, rendendosi conto che i compagni non tornavano, lasciarono il vascello con molti lamenti, e chiamavano continuamente Xisuthrus. Essi non potevano vedere molto ma potevano distinguere la sua voce nell'aria, e lo poterono udire ammonirli di rendere grazie alla religione, e inoltre li informò che grazie alla sua pietà egli fu trasferito a vivere con gli dei e che sua moglie e sua figlia, e il pilota, avevano ottenuto lo stesso onore.

A ciò egli aggiunse che essi sarebbero dovuti tornare a Babilonia e, come era stato ordinato, ricercare gli scritti di Sippara, che essi avrebbero dovuto rendere noto a tutto il genere umano: ancora sul luogo in cui essi si trovavano, si trattava della terra di Armenia. Gli altri, avendo sentito queste parole, offrirono sacrifici agli dei e chiudendo l'anello, viaggiarono verso Babilonia.

Essendosi arenato il vascello in Armenia, una parte di essi restarono sulle montagne di Corcyræan in Armenia, il popolo grattato via il bitume, con il quale era stato ricoperto, e fece uso di questo per la strada come antidoto e amuleto. E quando tornarono a Babilonia, e ritrovarono gli scritti di Sippara, essi costruirono città ed eressero templi e Babilonia fu nuovamente abitata.

E con queste parole termina la prima parte sulla storia dei Caldei...

Se volete leggere qualche altro testo sul Diluvio, eccovi alcuni link ad altri articoli sul diluvio...

Ravana il Re ateo, Gilgamesh e la torre di Babele

L’arca e il diluvio

Ovidio: le metamorfosi e il Diluvio...

Gli errori della storia...

Censorino: sui tempi storici, incerti e favolosi; epoca degli imperatori ed ere egiziane... e l'isola di Ogigia di Omero

Biblioteca di Apollodoro...

Apollodoro: la creazione della razza umana e il Diluvio

Ancora sul diluvio di Deucalione.

Il libro di Enoch... chi era Enoch?

Lago d'Orta e l'Isola di San Giulio

Licaone, l'uomo e il lupo!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 27 settembre 2009

Berosso, frammenti di storia Caldea: da Lucius Cornelius Alexander Polyhistor

Cari lettori, spero che possiate trovare in queste poche righe lo stesso interesse che ho provato io durante la traduzione dall'inglese... ma lascio subito la parola a Lucius Cornelius Alexander Polyhistor che ci parla di Berosso e della sua opera: Storia di Babilonia!

SULLA COSMOGONIA E SUL DILUVIO

Berosso, nel primo libro della sua Storia di Babilonia, ci informa di essere vissuto all'epoca di Alessandro figlio di Filippo. Lui dice che esistevano testimonianze scritte, conservate a Babilonia con gran cura, per un periodo di circa quindici miriadi di anni e che questi scritti contenevano storie del cielo e del mare, della nascita degli uomini; e dei re e delle cose memorabili che essi realizzarono.

Nella prima parte egli descrive Babilonia come un paese situato tra il Tigri e l'Eufrate: in cui abbondava il frumento, l'orzo, l'"ocrus" e il sesamo; nei cui laghi venivano prodotte le radici chiamate "gongre", che venivano usate come cibo, e dal punto di vista nutritivo sono simili all'orzo. C'erano anche alberi di palma e di mele e varietà di frutta, pesci e uccelli, sia semplici volatili sia di quelli che frequentano i laghi. Egli aggiunge che quelle parti del paese che confinavano con l'Arabia erano prive d'acqua e aride; mentre le parti che si stendono dalla parte opposta erano collinose e fertili.
A Babilonia c'era (in quei tempi) un grande ritrovo di persone di varie nazioni, che abitavano la Caldea, e vivevano senza leggi, come le bestie dei campi. Nel primo anno apparve, proveniente dalla parte del mare Eritreo che confina con Babilonia, un animale privo di ragione, di nome Oannes, il cui intero corpo (secondo il racconto di Apollodoro) era quello di un pesce, che sotto la testa di pesce aveva un'altra testa, con al di sotto dei piedi, simili a quelli di un uomo, uniti sotto la coda da pesce. Anche la sua voce e il linguaggio erano articolate ed umane, e una sua rappresentazione é giunta fino ai nostri giorni.
Questo Essere era uso passare il giorno tra gli uomini, senza prendere cibo in quella stagione; ed egli dava loro la comprensione delle lettere e delle scienze e delle arti di ogni tipo. Insegnò loro come costruire città fondare templi, scrivere leggi, e gli spiegò i principi della conoscenza della geometria.
Egli insegnò loro a distinguere i semi della terra e gli mostrò come raccoglierne i frutti, in breve, egli li istruì su ogni cosa che fosse utile a ammorbidire le loro maniere e umanizzare le loro vite. Da allora, niente altro é stato aggiunto che potesse migliorare le sue istruzioni.
E quando il sole tramontava, questo Essere Oannes si ritirava di nuovo nel mare e passava la notte nelle profondità, perché egli era anfibio. Dopo questo apparvero altri animali simili a Oannes, dei quali Berosso si proponeva di parlarne quando sarebbe giunto a raccontare la storia dei re. Inoltre Oannes scrisse sulla generazione dell'umanità e del loro ordinamento civile , e ciò che segue è il riassunto di ciò che egli disse:

"Ci fu un tempo in cui non esisteva niente ma solo oscurità e abissi d'acqua, in cui risiedevano esseri che erano di duplice natura. Apparvero uomini, alcuni dei quali erano dotati di due ali, altri di quattro ali e avevano due facce. Questi avevano un corpo ma due teste: una da uomo ed una da donna: e similmente nei loro vari organi essi erano sia maschi che femmine. Si vedevano altre figure umane con gambe e corna di capre. Alcune avevano piedi da cavallo, mentre altri univano la parte posteriore di un cavallo con il corpo di un uomo, assomigliando alla forma all'ippocentauro. Tori simili erano generati con teste d'uomo; e cani con corpi quadruplici terminati nelle loro estremità con code di pesci; anche cavalli con teste di cani; come pure uomini e altri animali, con teste e corpi di cavalli e code di pesci.

In breve, c'erano creature in cui erano combinati gli arti di ogni specie animale. In aggiunta a questi, pesci, rettili, serpenti, con altri animali mostruosi, i quali assumevano ogni altra forma e fisionomia. Di tutti questi sono conservate le figure nel tempio di Belo a Babilonia.

La persona che esercitava il controllo su di essi era una donna chiamata Omoroca, che in lingua Caldea si dice "Thalatth" e in greco "Thalassa", cioè mare; ma che può essere interpretato anche come "Luna". Le cose stavano così quando arrivò Belo e tagliò la donna in due pezzi: e da una metà formò la terra, dall'altra metà formò i cieli; nello stesso tempo distrusse gli animali che vi erano.

Tutto ciò (egli disse) era una descrizione allegorica della natura. Perciò, essendo l'intero universo pieno di umidità, e gli animali vi sono continuamente generati, la deità summenzionata staccò la sua propria testa: con essa gli altri dei mescolarono il sangue, come esso sgorgava fuori, con la terra; e da ciò furono formati gli uomini.

In questo modo essi sono razionali, e partecipano della divina conoscenza. Questo Belo, che per loro significa Giove, divise l'oscurità e separò i Cieli dalla Terra, e riordinò l'universo. Ma gli animali, non essendo in grado di sopportare la larga diffusione della luce, morirono. Belo, dopo ciò vedendo un vasto spazio libero, pensò alla natura ricca di frutti, comandò uno degli dei di staccarsi la testa e di mischiarne il sangue con la terra e con ciò di formare altri uomini e animali, i quali dovevano essere capaci di respirare l'aria. Belo formò anche le stelle e il sole e la luna e i cinque pianeti. (Tutto ciò, in accordo con quanto detto da Alexander Polyhistor, é il racconto che Berosso fece nel suo primo libro).

Come al solito perdonate, se potete, la traduzione approssimativa... e a presto con il seguito della storia!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 26 settembre 2009

Riflessioni sul Timeo: adamante...

Precedenti:
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Adamante...

Un termine trovato tante volte in tanti testi antichi, tradotto talvolta con il termine "ferro", talaltre con "acciaio", ma utilizzato sempre con riferimento a qualcosa di durissimo e resistente...
Ma cosa significava in antichità, o per lo meno cosa era per Platone l'adamante ce l'ha detto lo stesso Platone in quel testo così bello, così studiato e così oscuro per certi versi, conosciuto col titolo "Timeo".
Forse un giorno affronterò l'impresa di scrivere qualcosa sul Timeo, quello che ho capito dopo averlo letto e riletto, quello che non ho ancora capito... quello che forse Platone voleva dirci, ma ancora non é il momento, per cui se volete aspettate, oppure, ed é il mio consiglio, leggete il Timeo senza farvi spaventare da ciò che non capite...

Ma torniamo dunque al significato di adamante. Platone ne parla nel capitolo XXIV, quando ci parla delle "acque fondibili" cioè di quelle sostanze che in natura non sono liquide ma che lo diventano se sottoposte al calore.
Ma sentiamo cosa ci dice Platone nella traduzione di Giuseppe Fraccaroli, pubblicata dai Fratelli Bocca nel 1906:
"Or di tutte queste, quante abbiamo chiamate acque fondibili, quella che per constare di minutissime e conformissime parti è la più densa, specie semplice, in cui si uniscono il color splendido e il biondo, ricchezza preziosissima, è l'oro, che si fa solido dopo filtrato attraverso la pietra. E il germoglio dell'oro, che per la densità sua durissimo e tinto in nero, fu chiamato adamante."

Ecco dunque cosa intende Platone per adamante, la roccia nativa dell'oro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 24 settembre 2009

Lucio Anneo Seneca: la fine del mondo...

Precedenti:
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Oggi ho ripreso in mano il libro di Lucio Anneo Seneca, "Naturales Quaestiones"...
Ho cominciato a sfogliarlo alla ricerca di qualche appunto interessante preso durante la prima lettura... ho ritrovato tante cose interessanti di cui vi ho già parlato nei precedenti articoli, ma ho trovato anche altre cose di cui non vi avevo mai parlato!

Una di queste curiosità é relativa alla fine del mondo...
Seneca [Libro III, 29, 1] ci riferisce di Beroso, interprete delle dottrine di Belo, come colui che asserì che la distruzione del mondo arriva ciclicamente, a causa di diluvi o di conflagrazioni...
Beroso infatti sostiene:
"che il mondo terreno sarà incenerito, allorché tutti gli astri che ora seguono orbite diverse si saranno riuniti sotto il segno del Cancro, disposti lungo una stessa traccia così che una linea retta possa passare attraverso tutti i globi; si verificherà l'inondazione quando la stessa moltitudine di astri si sarà radunata sotto il segno del Capricorno. Il Cancro da luogo al solstizio d'estate, il Capricorno a quello d'inverno: costellazioni che esercitano un grande influsso, dal momento che determinano addirittura le mutazioni dell'anno."

Quando si verificherà il prossimo allineamento?
Chissà...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 23 settembre 2009

Tito Livio: Evandro ed Ercole nel Lazio

Precedenti:

Tito Livio: la morte di Remo...

Tito Livio: Rea Silvia, la lupa, Romolo e Remo...

Tito Livio: la storia di Roma continua...

Tito Livio: storia di Roma
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Buon sera Maestro,
la disturbo?

Alessandro, qual buon vento... é un po che non ti fai sentire, che fine hai fatto?

Mi perdoni ma mi sono lasciato distogliere dalla tecnologia...
ma ciò che importa é che sono tornato!

Mi fa piacere rivederti... sai, in questi ultimi mesi ho ricevuto veramente poche visite. Forse la storia antica non interessa più a nessuno!

Non dica così, la prego...
la Storia, antica o moderna, avrà sempre i suoi cultori!

Speriamo che tu abbia ragione. Ma veniamo a noi, se sei venuto a trovarmi sicuramente é anche per chiedermi qualcosa, o mi sbaglio?

Non sbaglia Maestro, al di là del piacere di parlare con Lei, sono venuto per approfondire le mie conoscenze... e sono sicuro che Lei ha ancora tanto da insegnarmi!

Non adularmi, non é da te! Piuttosto fammi la domanda e speriamo di avere la risposta...

Bene, allora le chiedo di parlarmi di Ercole e di Evandro e del loro soggiorno nel Lazio.

Ercole ed Evandro... iniziamo da quest'ultimo.
Evandro venne nel Lazio dal Peloponneso, forse profugo dopo la guerra di Troia. Era un uomo istruito e conosceva l'arte della scrittura, ciò gli permise di governare su quei popoli ignari di ogni arte... quando un giorno arrivò Ercole...

Maestro, io ricordo di aver letto qualcosa di un Evandro figlio di Priamo... é forse lo stesso?

Potrebbe darsi Alessandro, potrebbe darsi... ciò che so é il nome della madre, Carmenta, che in quei tempi era venerata come la Sibilla lo divenne poi. Ma lasciami finire, per favore, alla mia età ci vuol poco a perdere il filo!

Mi scusi...

Dunque... dicevo che arrivò Ercole, di ritorno dal compimento di una delle sue fatiche era stato derubato da un pastore che si chiamava Caco e che viveva sulle rive del Tevere. Ercole se ne accorse e lo uccise.Evandro si accorse dell'accaduto e intervenne per capire cosa fosse accaduto. Interrogò Ercole e riconosciutolo come figlio di Giove gli dedicò l'Ara Massima che lo stesso Ercole costruì. Quell'Ara fu affidata alla famiglia dei Potizii perché celebrassero il culto di Ercole...
Credo di averti detto tutto ciò che so, spero sia sufficiente!

Grazie Maestro, sapevo che mi sarebbe stato di aiuto... e se ciò che mi ha detto su Evandro e sulla sua conoscenza della scrittura é vero, ciò potrebbe significare che Iliade ed odissea potrebbero essere state scritte e tramandate molto prima di ciò che si dice...

Grazie Maestro, le auguro una buona serata...

A presto Alessandro, torna a trovarmi presto, ti aspetto!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 20 settembre 2009

Plutarco: perché la Giustizia Divina punisce tardi

Cari amici e lettori,
avendo or ora terminato la lettura del saggio di Plutarco sulla Giustizia Divina e pensando che vi siano tante cose interessanti per uno studioso di storia e costumi dell'antichità, ho pensato di lasciare una breve traccia degli argomenti che vi sono trattati così da invogliare alla lettura del testo che é tra l'altro breve e di facilecomprensione.
Plutarco inizia il suo testo parlando dell'epicureismo e di come tale dottrina sia assolutamente poco seria... ma queste sono dispute tra filosofi e lasciamole ai filosofi!
L'argomento del saggio é la Giustizia Divina (e anche quella terrena in quanto parte esecutiva!). Dopo alcuni esempi legati alla storia, Plutarco afferma che la giustizia divina arriva sempre al momento giusto, anche se l'uomo non sempre é in grado di capirlo. Talvolta la Giustizia Divina colpisceindirettamente il colpevole, agendo sui suoi successori...
Plutarco sostiene inoltre che sia necessario non agire immediatamente sulla scia di un torto subito ma agire con calma... e tal proposito ci dice che l'autocontrollo é la vera forza dell'uomo. Uno degli esempi è riferito ad Archita di Taranto che essendo arrabbiato verso i suoi servi non li punì in quanto il suo stato d'ira non gli consentiva di essere giusto, così li apostrofò: "Ritenetevi fortunati che io sia in collera!"
Plutarco é ricco di riferimenti a personaggi e popoli, tra questi i Cartaginesi. Plutarco sostiene che i Cartaginesi adoravano Saturno e che il rito prevedesse losgozzamento dei figli di fronte alle madri, da compiere ai piedi della statua di Saturno... per non perdere l'onore la madre non doveva piangere!
Interessante la figura usata da Plutarco e ripresa dagli antichi secondo cui "la punizione é zoppa" infatti:
"Gli antichi, con un'immagine efficace e geniale, dicevano che la punizione é zoppa, per indicare ch'essa non raggiunge mai subito il colpevole, ma non cessa mai d'inseguirlo; il rumore dei suoi passi, che noi chiamiamo rimorso, tormenta senza tregua il colpevole e il momento in cui lo raggiunge non é altro che la fine del supplizio."
Interessanti riferimenti al diritto degli Eraclidi di portare la corona e ancora più interessanti riferimenti alla ereditarietà di certe malattie all'interno della stessa famiglia.
Ma credo proprio che , se ancora non avete trovato niente che vi spinga a leggere l'opera, potrete trovarlo nella parte finale, la storia diTespesio... uomo cattivo che cambia vita dopo un incidente. La sua anima, o parte di essa, viene condotta a visitare il regno dei più e qui gli viene mostrato, come in una Divina Commedia di duemila anni fa, cosa attende le anime nell'aldilà...

E con questo credo proprio di aver terminato, a chi é interessato dunque, auguro una buona lettura!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 19 settembre 2009

Plutarco e la Giustizia Divina...

Plutarco di Cheronea, tra le sue innumerevoli opere ha scritto "De sera Numinis vindicta" ovvero: "Perché la Giustizia Divina punisce tardi", un trattato in cui affronta per l'appunto il problema della giustizia divina.
Interessante lettura serale...
Plutarco utilizza una serie di esempi storici per affermare che la Giustizia Divina agisce secondo tempi che non sono quelli dell'uomo e che tengono conto di cose che l'uomo non capisce e non conosce...
Ma non voglio tediarvi per cui vi invito semplicemente a leggere questa frase, che mi sembra rappresenti bene il concetto:

"Gli antichi, con un'immagine efficace e geniale, dicevano che la punizione é zoppa, per indicare ch'essa non raggiunge mai subito il colpevole, ma non cessa mai d'inseguirlo; il rumore dei suoi passi, che noi chiamiamo rimorso, tormenta senza tregua il colpevole e il momento in cui lo raggiunge non é altro che la fine del supplizio."

Credo ci sia veramente poco da aggiungere alla saggezza degli antichi!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Simondo de Sismondi: storia delle Repubbliche Italiane

La lettura del testo del Sismondi diventa sempre più interessante...
La prima edizione uscì nel 1818 o giù di lì ma arrivò in Italia, inizialmente, solo in traduzioni non ufficiali in quanto ne fu proibita la pubblicazione. L'edizione che ho tra le mani é del 1850, traduzione dell'edizione francese del 1836... ma tutti questi dati poco interessano al lettore!
L'italiano utilizzato é quello della metà dell'800 ma non per questo meno interessante!
Ma come al solito, preferisco lasciare la parola all'autore che in questo punto ci racconta alcune cose sui sistemi giudiziari del periodo da lui chiamato "Lombardo" e che noi chiamiamo "longobardo".

"Bel privilegio aveano le nazioni settentrionali conservato ai cittadini, la libera scelta cioè di sottomettersi alle leggi dei loro maggiori, o pure a quelle che trovassero più conformi alle proprie nozioni di giustizia e di libertà.Presso i lombarditrovavansi in vigore sei corpi di leggi; la legislazione romana, lombarda, salica, ripuaria, alemanna e bavara; e le parti nell'incominciar de' processi dichiaravano ai giudici che viveano, e voleano esser giudicate secondo la tal o tal altra legge."

Immaginate oggi cosa accadrebbe... già così gli avvocati la fanno da padrone!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 12 settembre 2009

Porto Torres: l'Antiquarium...

Se vi trovate a Porto Torres, mi raccomando, non perdete l'occasione di visitare l'antiquarium...
Si trova nei pressi del porto ed é possibile visitarlo quasi tutti i giorni.
E' un piccolo museo nel quale sono conservati parte dei ritrovamenti avvenuti a Porto Torres, altri oggetti si trovano al museo Sanna di Sassari.
Se siete fortunati vi sarà possibile visitare anche gli scavi del palazzo del Re Barbaro, noi siamo stati sfortunati...
A parte la generale mancanza di spiegazioni, ma forse é colpa nostra, avremmo dovuto prendere l'audioguida, la visita é piacevole ed é possibile ammirare una bella collezione di lucerne...
di tutte le fogge
e di varia provenienza
dalla simbologia veramente interessante...
vasi e statuette in terracotta ancore, iscrizioni funerarie latine, busti in marmo statuine probabilmente usate per riti della fertilità,
alcune monete romane e puniche,
ma anche oggetti a me sconosciuti... Chi ha idea di cosa possa trattarsi mi scriva per favore!

Molto interessante anche un anello in oro con una strana incisione che in ricorda vagamente la "monas Hieroglyphica " di John Dee, di cui si parla tra l'altro nel libro di Eco "Il pendolo di Foucault".

Ancora più interessante la cosiddetta Ara di Bubastis, un'Ara in marmo lavorato con simboli Egizi che rappresentano, pare, la dea Iside e Semiramide...

ma non voglio dire altro e mi aspetto che qualche egittologo mi dia una mano...

Un saluto a tutti gli amici di Porto Torres e a presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 4 settembre 2009

Indro Montanelli, l'Italia dei secoli bui: Sidonio Apollinare a Ravenna

L'Italia dei secoli bui, di Indro Montanelli, é un libro veramente piacevole nonostante la storia, talvolta, sia considerata noiosa!

Montanelli ci porta in giro per il mondo Romano facendoci rivivere quei tempi antichi come se passeggiassimo per le città di oggigiorno, rendendo la sua prosa interessante grazie a piccole perle tratte dagli autori antichi. Eccone una su Ravenna cittadina che tra il 402 e il 476 d.C. fu sede dell'Impero Romano d'Occidente... ma sentite cosa ci dice Sidonio Apollinare, poeta, funzionario dell'Impero Romano e Vescovo.

Ravenna... "E' un pantano, dove tutto va all'incontrario: i muri precipitano, le acque ristagnano; le torri affiorano e le barche si arenano; i bagni gelano e le case si infuocano; i vivi muoiono di sete e i morti galleggiano; i ladri vegliano e le guardie dormono; i preti esercitano l'usura e gli usurai cantano i salmi; i mercanti imbracciano le armi e i soldati fanno commercio; gli eunuchi studiano l'arte della guerra e i guerrieri barbari studiano la letteratura. E' una città di terra che non possiede che acqua e la cui popolazione originaria é composta solo di zanzare e di ranocchi."

Non me ne abbiano i Ravennati, io non ho mai visitato Ravenna che mi dicono sia una bella città, l'opinione é di Sidonio Apollinare!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 2 agosto 2009

Lo sviluppo dell'Umanità

Possibile che l'uomo sia così com'é grazie agli ultimi 5.000 anni di sviluppo?
In fin dei conti si tratta di appena 200 generazioni... cosa possiamo dire dei tempi antichi, dei milioni di anni di svilluppo dalle scimmie a ciò che siamo oggi?
Che fossero tutti cretini? Mi sembra strano...
E se ci sbagliassimo?!?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 26 luglio 2009

Virgilio e l'Eneide

Sono quasi vent'anni che il volume dell'Eneide si trova nella mia biblioteca personale, ma fino alla settimana scorsa non era mai stato aperto!
Tanti libri sona ancora là che aspettano...

Eneide... ovvero l'epopea di Enea e della sua nuova terra, l'Italia!
E si, perché forse non tutti sanno che l'Eneide é la storia della nascita di un popolo, quello dei Romani!
Se la storia sia veramente andata come Virgilio ci ha raccontato o se si tratti di pura e semplice invenzione a me poco importa (anche se io penso che come per tutte le cose la verità sia nel mezzo!). Ciò che mi interessa invece é la ricerca di notizie e informazioni che l'Eneide ci ha tramandato!
Ma prima di cominciare a raccontarvi curiosità, stranezze e fatti meravigliosi lasciatemi dire che se anche voi avete tra i vostri libri l'Eneide e non l'avete mai letta (non considerando ciò che avete fatto a scuola!), beh... rispolverate il libro e leggetelo, anche solo pochi versi al giorno, ma leggetelo! Vale veramente la pena!

"Armi canto e l'uomo che primo dai lidi di Troia venne in Italia fuggiasco per fato e alle spiagge lavinie..."

Così inizia la storia di Enea che, finita la guerra che vide Troia distrutta, profugo per mare e per terra alla fine si stanzierà in Italia, nel Lazio in particolare nella città di Lavinio.

Durante il viaggio, che durerà anni, possiamo seguire Enea lungo il suo percorso, da quando si lascia dietro la costa della sua terra fino a Cartagine, dove conoscerà e sposerà, per poi abbandonarla, la bella Didone, fonte di odio eterno tra Roma e Cartagine.
Didone, sorella di Pigmalione "assassino feroce su quanti mai furono...", re della città di Tiro, scappò da Tiro dopo che il fratello assassinò il suo sposo. Arrivata via mare dove poi fonderà Città Nuova... Cartagine.

E pagina dopo pagina Virgilio ci racconta ciò che sa sulla storia dell'Italia o, per meglio dire, della penisola...
Così si scopre che secondo lui Padova fu fondata dai Troiani, anch'essa:
"Antènore, pure, ha potuto, sfuggendo agli Achivi, penetrar sicuro il mar d'Illiria, e i lontani regni Liburni e la fonte superar del Timavo, donde per nove bocche, con vasto rimbombo del monte, va, dilagato mare, travolge i campi nell'onda muggente. Si, egli pose qui Padova, sede di Teucri, e diede un nome alla gente, e appese l'armi di Troia..."

Ma la storia non é semplice e prima di riuscire a regnare sul Lazio Enea dovrà combattere e soffrire e con lui il suo popolo e suo figlio Ilo, Ascanio o Iulo che dir si voglia, perché si tratta sempre dalla stessa persona.

Dovranno passare trecento anni prima che dalla stirpe di Enea nascano Romolo e Remo e quindi Roma e i Romani!

E così voltiamo ancora pagina, seguendo l'istinto e sottolineando e tornando indietro e rileggendo...
Italia... Italia... Virgilio, raccontaci le sue origini se puoi...

"C'è un luogo, Esperia i Greci per nome dicono, terra antica, d'armi potente e feconda di zolla, gli Enotrii l'hanno abitata, ora è fama che i figli Italia abbian detto dal nome d'un capo la gente..."

Esperia... terra degli Enotrii!

Ma ancora una volta giriamo pagina assieme, per arrivare all'immagine di un immenso cavallo, macchina infernale, che ricolmo di uomini in armi attendeva che i Troiani lo accettassero... quale terribile imbroglio! Ulisse tra questi, ma chi ricorda il nome dell'inventore del cavallo? Epeo si chiamava...
Eppure il cavallo di Troia avrebbe fatto una misera fine se non fosse per un uomo, una spia disposta a sacrificarsi per vincere la guerra, che si presentò di fronte ai Troiani e li convinse a portare il cavallo integro dentro le mura!
Solo qualche dio poteva convincere Priamo e i Frigi così fu! Infatti mentre Laocoonte, colui che poco prima aveva colpito con la sua lancia il cavallo, compiva i sacrifici al dio Nettuno, ecco che
"immensi due draghi incombon sull'acque e tendono insieme alla spiaggia. Alti hanno i petti tra l'onde, le creste sanguigne superan l'onde, l'altra parte sul mare striscia dietro, s'inarcan le immense terga in volute. Gorgoglia l'acqua e spumeggia. E già i campi tenevano, gli occhi ardenti iniettati di sangue e di fuoco, con le lingue vibratili lambendo le bocche fischianti. Qua, là, agghiacciati a tal vista, fuggiamo. Ma quelli diritto su Laocoonte puntavano: e prima i piccoli corpi dei due figli stringendo, l'uno e l'altro serpente li lega, divora a morsi le piccole membra; poi lui, che accorreva in aiuto e l'armi tendeva... "
I serpenti scapparono poi verso i templi e li si nascosero... subito tutti interpretarono il fatto come il volere degli dei che il cavallo prendesse posto tra i templi... solo Cassandra dicendo, mai creduta, il vero... E Troia cadde e con lei la stirpe di Priamo...

E così é arrivato il momento di voltar ancora una volta pagina...

Eccomi ora ancora una volta ad Enea, che ricorda la sua fuga lungo le vie della città urlante, in mezzo ai nemici...
E mentre corre la sposa amata, Creusa, si perde e lui la cerca urlando tra i nemici il suo nome...
E lei allora, o forse il suo fantasma, gli appare...

"Perché cedi tanto a un dolore insensato, mio dolce sposo? Non senza volere dei numi avvenne questo, con te portarti Creusa non puoi, non vuole il sovrano dell'altissimo Olimpo. Lungo esilio t'aspetta, tanto mar da solcare: e alla Terra verrai del Tramonto, dove l'etrusco Tevere scorre tra fertili campi con lenta corrente. Qui prosperi eventi e regno e sposa regale son pronti per te: non pianger più l'amata Creusa. Non io le case superbe vedrò di Mirmidoni o Dolopi, non a servire le donne dei Greci anderò io, la Dardanide nuora di Venere. Me la Gran Madre dei numi tien qui, in queste terre. E ora addio, e del nostro bambino conserva l'amore..."

Grazie Virgilio, grazie per queste parole...

Ma Enea prosegue il suo viaggio e noi, come fantasmi, ospiti non visti, ne seguiamo da lontano le mosse...
Per prima toccarono la terra Tracia, dove un tempo regnava Licurgo, ma il loro viaggio era appena all'inizio.

"Dardanidi duri, la terra che dalla radice dei padri vi generò per prima, quella nel seno fecondo vi accoglierà ritornanti..."

Così il vecchio Anchise, padre di Enea, cercando tra i ricordi degli Antichi, indicò in Creta la casa di partenza da ricercare...

Levate le ancore dal porto di Ortigia diretti verso Creta speranzosi i nostri eroi viaggiano... ma giunti a Creta la peste li accoglie malevola. Un nuovo viaggio al santuario di Apollo, ad Ortigia, riporta la giusta interpretazione delle parole degli dei, Anchise sbagliava...

"Esiste una terra, Esperia i Greci la dicono a nome, terra antica, potente d'armi e feconda di zolla, gli Enotrii l'ebbero, ora è fama che i giovani Italia abbian detto, dal nome d'un capo, la gente..."

Dall'Italia Iasio e Dardano vennero a fondare Ilio e in Italia é destino che Enea torni a fondare Lavinio dal nome della sposa Lavinia...

E il viaggio prosegue, lungo lo Ionio, fino alle Strofadi dove lottarono contro le Arpie. Poi verso Zacinto e poi Itaca e oltre fino a Butroto. Poi attraversar il mare e ridiscendere lungo la costa fino all'isola Trinacria, la nostra Sicilia, che occorre circumnavigare per evitare le orribili Scilla e Cariddi.

"Poi quando, salpato, ti spinga alle Sicule spiagge il vento e ti s'apran le chiostre dell'angusto Peloro, le rive a sinistra, i mari a sinistra, in lungo circuito tu devi seguire, fuggi l'onde di destra e le coste. Questi luoghi violenta sconvolse in antico e vasta rovina (tanto può trasformare vetusta lunghezza di tempi) e lontani, si narra, balzarono, mentre eran prima un'unica terra: scrosciò in mezzo il mare e coi flutti il lato esperio tagliò dal siculo, e campi e città, separati di lido, bagnò con angusto fluire. Il fianco destro Scilla, il sinistro Cariddi implacabile tiene..."

Per la seconda volta trovo il riferimento agli eventi che separarono la Sicilia dall'Italia, mi fermo rifletto... rileggo quella nota presa alcuni anni fa da Naturales Quaestiones di Lucio Anneo Seneca e poi riprendo la lettura...

Ed ecco dopo Scilla e Cariddi la seconda isola Ortigia... questa di fronte al golfo sicanio, dopo Megara... che sia l'isola Ogigia di Ulisse? E poi Agrigento e Drepane... e Cartagine e la storia della sua regina suicida per amore e la maledizione contro il popolo che sarebbe sorto!
Povera Didone, sedotta e abbandonata... ma immortale nei versi del grande poeta Virgilio, richiamata a nuova vita nel cuore di ogni lettore...

E poi le coste della Sicilia e la Calabria fino all'Averno, dove Enea si recherà per rivedere il padre Anchise, morto lungo il viaggio, che gli racconterà il futuro della sua stirpe... Qui Enea incontrerà vari personaggi, anche la povera Didone... ma chi é veramente interessante é Salmoneo, condannato alle pene infernali per aver cercato di imitare "le fiamme e il rimbombo di Giove"... Ma leggiamo assieme...
"tirato da quattro cavalli e squassando una fiaccola, tra i popoli Greci, per la città che dell'Elide é il cuore, andava, esaltandosi, per se pretendendo dei numi l'onore: pazzo!, che i membri e il non imitabile fulmine simulava col bronzo e il galoppo dei cavalli monungoli..."
Cosa può significare tutto ciò? Nuove armi da guerra? L'invenzione, forse, di armi da fuoco? Chissà...

E così, pagina dopo pagina, Enea si avvicina al suo destino... le coste dell'Esperia, il Lazio... a combattere contro i Rutuli guidati da Turno, promesso sposo della bella Lavinia... e sangue e guerre e simboli di eroi passati disegnati sugli scudi, l'Idra cinta di serpi è il simbolo di Aventino figlio d'Ercole!

E un filo di vento immaginario, in questa calda giornata d'estate, gira le pagine e si ferma, poi, ben conoscendomi, sull'origine del termine Lazio...

"Per primo venne Saturno dall'Olimpo celeste, l'armi di Giove fuggendo, dal tolto regno scacciato. Egli, quel popolo barbaro (Fauni e Ninfe indigeni...) per gli alti monti disperso, riunì, diede leggi e chiamar volle Lazio la terra ove latebre (cioè rifugio!) aveva trovato, sicure... "

Lazio significa dunque "rifugio"... e quella era l'età d'oro. E si parla di Ausonia, di Sicani e di terra Saturnia e di Albula che muta il suo nome in Tevere... e di Giano e Saturno, fondatori delle antiche città di Gianicolo e Saturnia, già allora solo mura diroccate... e mentre leggo ancora un soffio di vento, dispettoso, mi gira la pagina fino alla fine e chi é interessato dovrà, se vuole sapere di più, aprire il libro da se!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
Archeologia, preistoria e storia, suddivisioni artificiose del tempo... l'unico testimone dell'evoluzione dell'Uomo...
Egitto... Roma... Sardegna...
Etruschi... Babilonesi... Assiri... Hyksos... Shardana... popoli del mare... Maya... Aztechi... Cinesi...
Vogliamo parlare di questi popoli e di altri... cercare di evidenziare similitudini e differenze... proveremo a studiare, assieme a chi ne ha voglia, popoli dimenticati... senza preconcetti!
Cercheremo di ripercorrere la storia di questi popoli con l'aiuto di storici antichi e moderni... ma non solo...
Cercheremo di andare oltre una disciplina scolastica leggendo testi antichi alla ricerca di radici ancora poco chiare...
Cercheremo di capire se è vero che l'uomo si è evoluto così come abbiamo studiato, linearmente, oppure se è possibile che le cose siano andate diversamente... come sostenne Platone!

Zibaldone...

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